di Jerry Brainum
Alcuni cibi provocano un considerevole rilascio di insulina, che è misurato con un suo proprio indice. Il latte è un alimento insolito perché, anche se ha un modesto IG* di 41, ha un elevato indice di rilascio d’insulina. C’è pertanto qualcosa nel latte che promuove nell’organismo un enorme rilascio di insulina, già precedentemente attestato per il latte intero e più recentemente attestato anche per il latte magro (1). Quale ne è la causa? Vediamo alcune ipotesi.
Alcuni amminoacidi nel latte, tra cui due degli amminoacidi a catena ramificata, leucina e isoleucina, ed il triptofano, promuovono il rilascio dell’insulina. Anche la carne di manzo però contiene gli stessi amminoacidi, eppure ha bassi valori di IG e di indice di rilascio insulinico…
Un’altra possibilità è che il lattosio abbia un effetto aggiuntivo, se assunto insieme agli amminoacidi presenti nel latte. Ciò ha senso se considerate che aggiungere proteine ai carboidrati incrementa mediamente la produzione di insulina di circa il 37%.
Il latte inoltre contiene piccole quantità di ormoni, quali estrogeni e testosterone. Tuttavia, come già specificato nella prima parte relativamente all'IGF-1, la probabilità che questi ormoni sopravvivano all’ampia gamma di barriere digestive, nonché alla degradazione nel fegato, è davvero molto remota.
Alcuni studi mostrano che l’unico prodotto caseario che non promuove una forte risposta insulinica è il formaggio. Tutti gli altri prodotti caseari, compresi latte intero e latte magro, yogurt, gelato e fiocchi di latte, promuovono un rilascio di insulina nel corpo mediamente più elevato rispetto quello atteso. In soggetti particolarmente sensibili può accadere che questi prodotti caseari possano produrre un rilascio di insulina sufficientemente forte da indurre una reazione ipoglicemica, ovvero di carenza di zuccheri nel sangue. Per queste persone l’effetto è così potente che persino l’aggiunta di latte ad un pasto composto da una combinazione di cibi ad alto e basso indice glicemico può tradursi in aumento del rilascio d’insulina.
Il paradossale rilascio d’insulina ha ovviamente delle implicazioni sia ai fini della salute, sia a quelli del bodybuilding e può contribuire a spiegare la ritenzione idrica che spesso si osserva in alcuni bodybuilder dopo l’assunzione di latte. Un alto tasso di rilascio dell’insulina infatti promuove il rilascio di un altro ormone, l’aldosterone, a partire dalle ghiandole adrenergiche. L’aldosterone promuove la ritenzione di sodio e acqua, favorendo, al contempo, l’escrezione di potassio. (L’aldosterone ha numerosi altri effetti nocivi). Il punto da ricordare è che questo effetto non vale per tutti! Ci sono fior di bodyuilder natural che consumano latte e prodotti caseari anche in prossimità delle competizioni e senza alcuna minima ripercussione sulla loro forma fisica e definizione!
Pur essendo un potente ormone anabolico nei muscoli, l’insulina è anche il più potente promotore dell’aumento di grasso corporeo. Ogni qualvolta si secerne insulina, tutti i meccanismi che inducono l’ossidazione del grasso sono ridotti, mentre sono incrementati tutti i meccanismi che promuovono l’acquisizione di grasso. L’insulina da sola non renderà mai nessuno grasso, ma, se combinata con gli zuccheri e con i grassi, i suoi effetti di promozione del grasso sono ingigantiti.
L’aspetto favorevole di queste notizie sul latte, altrimenti alquanto spiacevoli, è che gli effetti di promozione dell’insulina possono essere usati a proprio vantaggio subito dopo una sessione di allenamento, ovvero nel momento in cui è desiderabile un aumento del rilascio di insulina. Dopo l’allenamento, infatti, l’insulina promuove l’azione dell’enzima che comanda la sintesi del glicogeno nei muscoli. L’aumento della sintesi di glicogeno si traduce in un recupero più veloce. L’insulina promuove anche l’ingresso degli amminoacidi nei muscoli, che incrementa la sintesi proteica nei muscoli per aumentarne dimensioni e forza. Questo è il motivo per cui gli esperti spesso raccomandano di assumere una bevanda che contenga proteine ad azione rapida insieme a zuccheri semplici, il più presto possibile dopo una sessione di allenamento.
*L’indice glicemico è una misura della rapidità con cui i carboidrati vengono assorbiti nel sangue. Anche se è stato originariamente sviluppato nel 1981 per i soggetti diabetici, l’IG fornisce dati utili e interessanti anche per chi vuol semplicemente conoscere il destino dei carboidrati che ingerisce. L’IG ha rivelato il fatto che alcuni venerati “carboidrati complessi”, in realtà, agiscono più come zuccheri semplici quando consumati da soli. Tra gli esempi ci sono carote e patate al forno. Nell’usare l’IG bisogna, però, servirsi di un po’ di buon senso, dal momento che molti alimenti ad alto apporto di carboidrati contengono anche grassi, che rallentano l’ingresso dei carboidrati nel sangue. Un esempio di ciò è il gelato a base di latte che ha un basso indice glicemico, ma che non è certo un alimento dietetico.
L’aspetto favorevole di queste notizie sul latte, altrimenti alquanto spiacevoli, è che gli effetti di promozione dell’insulina possono essere usati a proprio vantaggio subito dopo una sessione di allenamento, ovvero nel momento in cui è desiderabile un aumento del rilascio di insulina. Dopo l’allenamento, infatti, l’insulina promuove l’azione dell’enzima che comanda la sintesi del glicogeno nei muscoli. L’aumento della sintesi di glicogeno si traduce in un recupero più veloce. L’insulina promuove anche l’ingresso degli amminoacidi nei muscoli, che incrementa la sintesi proteica nei muscoli per aumentarne dimensioni e forza. Questo è il motivo per cui gli esperti spesso raccomandano di assumere una bevanda che contenga proteine ad azione rapida insieme a zuccheri semplici, il più presto possibile dopo una sessione di allenamento.
*L’indice glicemico è una misura della rapidità con cui i carboidrati vengono assorbiti nel sangue. Anche se è stato originariamente sviluppato nel 1981 per i soggetti diabetici, l’IG fornisce dati utili e interessanti anche per chi vuol semplicemente conoscere il destino dei carboidrati che ingerisce. L’IG ha rivelato il fatto che alcuni venerati “carboidrati complessi”, in realtà, agiscono più come zuccheri semplici quando consumati da soli. Tra gli esempi ci sono carote e patate al forno. Nell’usare l’IG bisogna, però, servirsi di un po’ di buon senso, dal momento che molti alimenti ad alto apporto di carboidrati contengono anche grassi, che rallentano l’ingresso dei carboidrati nel sangue. Un esempio di ciò è il gelato a base di latte che ha un basso indice glicemico, ma che non è certo un alimento dietetico.
Riferimenti bibliografici
1 Hoyt, G., et al. (2005). Dissociation of the glycemic and insulinemic responses to whole and skimmed milk. Brit J Nutr. 93:175-77.
Articolo tratto da Olympian’s News n° 85, pagg. 22-23. Pubblicato da Sandro Ciccarelli editore. Tutti i diritti sono riservati. Clicca qui per abbonarti!
Steve Holman, caporedattore della rivista IRONMAN, ha raccolto i migliori articoli dei massimi esperti dei settore in un volume d'inestimabile valore con consigli densi di informazione e completamente sinceri.
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