25 gennaio 2013

Proteine della soia ed ormoni maschili

di Jerry Brainum

La proteina della soia contiene gli isoflavoni, come la genisteina e la daidzeina, con strutture simili a quella dell’estrogeno. Nonostante questa somiglianza, gli isoflavoni tendono ad opporsi agli effetti che gli estrogeni hanno all’interno dell’organismo. La ricerca mostra come gli isoflavoni possano risultare utili nella prevenzione di vari tipi di forme tumorali nella donna e del cancro alla prostata nell’uomo. Sembrano inoltre in grado di inibire l’ossidazione del colesterolo veicolato dalle LDL, svolgendo quindi un’azione di prevenzione nei confronti dell’insorgenza delle malattie cardiovascolari.

Un dibattito attualmente in corso che riguarda sia la proteina della soia che gli isoflavoni è se possano influire negativamente sui livelli ormonali maschili. Non si tratta di un’ipotesi irragionevole, dal momento che la struttura degli isoflavoni è molto simile a quella dell’estrogeno. Tuttavia, come già sottolineato in precedenza, gli isoflavoni tendono ad agire più in qualità di antiestrogeni che in veste di estrogeni attivi, sia nell’uomo che nella donna.

Questa supposizione è stata ulteriormente sottolineata da uno studio presentato da ricercatori dell’Università del Minnesota. Questi scienziati somministrarono a 10 uomini la proteina della soia integrata sia con isoflavoni che con oligosaccaridi (un tipo di carboidrato), per poi procedere a testare gli effetti di queste sostanze sui vari ormoni presenti nell’organismo maschile. Gli isoflavoni fecero diminuire i livelli sia della SHBG (globulina legante gli ormoni del sesso) che quelli dell’androstenedione. La SHBG è il principale vettore di testosterone nel sangue e quando è legata a questo veicolatore ematico, il testosterone viene considerato inattivo. Solo il testosterone libero o non legato è in grado di interagire con i recettori cellulari.

Sia i carboidrati che gli isoflavoni della soia determinarono, se ingeriti da soli, un leggero aumento di una forma debole di estrogeno, l’estrone, ma, se assunti insieme, ne ridussero i livelli. La proteina della soia, gli isoflavoni e i carboidrati della soia non produssero significativi effetti su altri ormoni maschili, includendo tra questi l’estradiolo (estrogeno), il DHEA-S, il testosterone, il progesterone o la prolattina.

In conclusione, questo studio mostra che l’ingestione di isoflavoni o di proteine della soia non ha effetti controproducenti sui valori ormonali maschili né promuove effetti collaterali legati agli estrogeni, come la ginecomastia, ovvero sviluppo di un seno maschile.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 2“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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22 gennaio 2013

Apporto di grassi e stati d'umore

di Jerry Brainum

Le diete ipolipidiche sono raccomandate dalla classe medica per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e dei tumori. Dal momento che i grassi costituiscono la fonte più concentrata di energia e tendono a far sì che le persone se ne rimpinzino un po’ troppo, un apporto più basso di lipidi viene suggerito anche come un sistema valido per la perdita di peso, particolarmente se associata ad un frequente esercizio fisico.

Tuttavia, l'eccesso di zelo associato ad un ridotto apporto di grassi ha portato le popolazioni ad una diminuzione del consumo dei grassi “buoni” o essenziali, come gli omega-3 presenti nel pesce. L’assunzione di tali lipidi invece è fondamentale, perché svolge un ruolo importante nel funzionamento del cervello e di tutto il sistema nervoso che sono composti principalmente da grassi.


Alcuni studi mostrano che una dieta ipolipidica a lungo termine può essere la causa di cambiamenti deleteri a livello di umore e di funzionamento cerebrale. Per esempio, nuove ricerche sottolineano come una carenza di lunga durata di acidi grassi omega-3 sia collegata alla depressione. Questo ha senso, proprio perché il 40% del cervello è costituito da questo tipo di grassi. Altri studi collegano determinati effetti comportamentali negativi – come l’aggressività, la tensione e una maggiore incidenza di suicidi – a diete a ridotto contenuto di lipidi.

In un primo momento, questi cambiamenti negativi erano stati attribuiti ad una diminuzione del colesterolo, conseguenza di un’alimentazione ipolipidica. Il colesterolo forma una parte delle membrane cellulari neuronali e quindi si ipotizzò che la relativa carenza di colesterolo indotta dalla dieta a basso contenuto di lipidi compromettesse il funzionamento nervoso e dei neurotrasmettitori, in particolare quello delle amine (dei neurotrasmettitori), che interessano il tono dell’umore, come la serotonina. Quest’ipotesi riguardo il colesterolo venne tuttavia abbandonata non appena si scoprì che i farmaci in grado di abbassare il colesterolo non avevano particolari effetti sugli stati d’animo.

Le ricerche svolte sulle scimmie hanno evidenziato come la cosiddetta “dieta prudente”, che prevede un elevato apporto di carboidrati complessi e, di contro, un basso contenuto di lipidi, piuttosto che un’alimentazione più ricca di grassi e più povera di carboidrati, determini una maggiore incidenza di stati aggressivi tra i primati. Gli studi su soggetti umani rivelano effetti simili. Uno studio ha mostrato come le persone che la mattina consumavano un pasto a basso apporto lipidico e ad alto contenuto di carboidrati si sentissero più antagoniste, meno amichevoli, meno contente, meno interessate, oltre che meno socievoli ed estroverse tre ore dopo il pasto rispetto a chi aveva fatto un pasto a base di alimenti più ricchi di lipidi e meno di carboidrati.

Un'interessante ricerca, i cui soggetti erano 10 uomini e 10 donne tra i 20 e i 37 anni, senza patologie esistenti, o precedenti, di malattie mentali, ha confermato gli effetti negativi di un apporto ipolipidico sullo stato d’animo (1). Nel corso del primo mese i soggetti seguirono una dieta al 41% di grassi, poi metà di essi cambiò dieta, seguendone un’altra che prevedeva un apporto lipidico del 25%. L’altra metà continuò con la stessa dieta, quella più ricca di grassi. I risultati mostrarono come la tensione e l’ansia diminuirono nel gruppo per cui era prevista l’alimentazione a più alto apporto di lipidi, ma aumentarono nei soggetti che seguivano quella ipolipidica.

Per quanto riguarda i motivi per cui questi effetti negativi si manifestino solo con le diete restrittive, gli scienziati ritengono che si potrebbe chiamare in causa la colecistochinina (CCK), una sostanza secreta sia a livello di intestino che di cervello, dopo un pasto iperlipidico. La CCK influenza il senso di sazietà dopo aver mangiato e ci fa sentire tranquilli. Questa sensazione di rilassamento può essere determinata dalla secrezione di serotonina nel cervello, indotta dalla CCK.

Una domanda che non ha ancora ricevuto risposta è quale sia la causa per cui un alto apporto di carboidrati non abbia aumentato i livelli di serotonina. L’ingestione di alimenti ricchi di carboidrati stimola la produzione di insulina, che, a sua volta, spinge gran parte degli aminoacidi fuori dal sangue, per andare nei tessuti – con la singola eccezione del triptofano. Senza la competizione offerta dagli altri aminoacidi, il triptofano ha via libera nel cervello, dove viene convertito in serotonina. Ciononostante, c’è ancora bisogno di grassi, ai fini di un effetto comportamentale di tipo ottimale. Questo potrebbe essere dovuto ad una maggiore attività dei recettori di serotonina a livello cerebrale, resa possibile da un apporto lipidico più elevato.

Riferimenti bibliografici

(1) Wells, A.S., et al. (1998). Alterations in mood after changing to a lowfat diet. British Journal of Nutrition 79:23-30.


Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 2“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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18 gennaio 2013

Focus antiossidanti: acido lipoico VS vitamina E

di Jerry Brainum

Scienziati dell’Università del Texas hanno osservato che esiste pochissima documentazione medica sull’efficacia dell’acido alfa-lipoico (LA) in qualità di antiossidante, quando lo si assume come integratore. Quello che sappiamo sul LA è che si tratta di un antiossidante molto speciale, perché è l’unico a poter operare sia in un ambiente lipidico che liquido. Per questa ragione, viene spesso definito come “l’antiossidante universale”.

L’acido alfa-lipoico è inoltre in grado di rigenerare altri antiossidanti che hanno subito un processo di ossidazione dopo aver neutralizzato i pericolosi radicali liberi. Questo comprende le vitamine C, E e il coenzima Q10. L’acido alfa-lipoico può anche facilitare la penetrazione del glucosio nelle cellule, in maniera indipendente dall’insulina, rappresentando quindi un aiuto prezioso nel trattamento del diabete.

Questa ricerca si proponeva di studiare l’acido alfa-lipoico assunto da solo o in combinazione con la vitamina E. 16 soggetti adulti in buona salute assunsero, di conseguenza, 600 mg al giorno di LA da solo, mentre altri 15 ingerirono 400 unità di vitamina E da sola, per un periodo di 2 mesi. I soggetti, poi, ingerirono una combinazione dei due antiossidanti per altri 2 mesi. Mentre la vitamina E risultò essere più efficace dell’acido lipoico nel prevenire l’ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (portatori di colesterolo, considerato, nella sua forma ossidata, uno dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari), l’acido alfa-lipoico (LA) neutralizzò gli altri radicali liberi legati all’apporto proteico. La vitamina E, in questo caso, non ebbe alcun effetto. La combinazione dei 2 antiossidanti non apportò alcun miglioramento nelle misure dello stress ossidativo.

In base a quanto appena esposto, la conclusione dello studio fu che l’acido alfa-lipoico era un efficace antiossidante dietetico. L’ingestione di 600 mg, il dosaggio prescritto per i diabetici per evitare complicazioni della patologia, potrebbe risultare eccessiva per la maggior parte delle persone. Ricerche recenti mostrano come dosi elevate di LA interferiscano con il metabolismo di un’importante vitamina del complesso B, la biotina, proprio in virtù della somiglianza tra le strutture chimiche della biotina e dell’acido alfa-lipoico. Un apporto sicuro ed efficace di LA si aggira sui 100-200 mg, due volte al giorno.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 2“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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15 gennaio 2013

Integratori per la salute delle articolazioni

di Jerry Brainum

Esistono molti altri rimedi alimentari per curare articolazioni e tessuto connettivo doloranti o infortunati. Molti di essi funzionano principalmente inibendo la formazione di sostanze infiammatorie, come alcuni eicosanoidi che ritardano la guarigione e producono dolore. Al riguardo, queste sostanze naturali imitano l’effetto dei costosi farmaci da prescrizione, come gli inibitori COX-2, spesso usati per curare il dolore articolare. Comunque, il problema di questi farmaci, oltre al loro costo esorbitante, sono i loro effetti collaterali che riguardano principalmente la funzione renale, senza che facciano niente per favorire la guarigione delle articolazioni.

Le sostanze naturali possono favorire la guarigione e a differenza dei farmaci hanno pochi o zero effetti collaterali. Quelli che seguono sono i profili di questi nutrienti per le articolazioni, meno noti ma molto efficaci.

• Condroitina Solfato (CS)Anche se spesso la glucosammina è venduta in combinazione con la condroitina, non ci sono prove che indicano che la loro combinazione offra risultati migliori dell’usare i due integratori separatamente. La condroitina solfato funziona in modo simile alla glucosammina, ma a differenza della prima non è altrettanto assorbibile. Mentre nell’uomo la glucosammina mostra infatti un assorbimento del 90% circa, questa cifra scende fino a uno striminzito 0-13% per la CS.

Il problema è dato dalla dimensione molecolare: la CS è circa 250 volte più grande della glucosammina, quindi il corpo ha difficoltà ad assorbirla. Comunque, gli studi mostrano che anche se la CS è disgregata nell’intestino, fornisce comunque le materie prime necessarie per il mantenimento e la riparazione delle articolazioni.

Oggi esistono sul mercato nuove forme di CS, tratte dalla trachea della mucca e manipolate per avere un peso molecolare più basso in modo tale da essere assorbite meglio dei normali integratori. La teoria dice che la condroitina solfato funziona perchè blocca gli enzimi noti per degradare la cartilagine e incrementando i liquidi presenti nelle strutture articolari interne.

Nonostante i suoi problemi di assorbimento, secondo alcuni studi recenti la CS può funzionare quanto o più della tanto decantata glucosammina. La dose generalmente consigliata sono 1,2 g al giorno suddivisi in più assunzioni.

• S-adenosilmetionina (SAMe). La SAMe fornisce i labili gruppi metile necessari per la formazione dei proteoglicani nelle cartilagini. Agisce come elemento fondamentale delle articolazioni e del tessuto connettivo. In Europa il SAMe è disponibile dietro prescrizione dal 1975 dove è usato per curare una serie di malattie, dalla fibromialgia alla depressione all’artrite. Alcuni studi mostrano che la SAMe è un antidolorifico efficace, paragonabile ai farmaci, con pochi o zero effetti collaterali.

In quando donatore di metile, la SAMe ricopre un ruolo fondamentale nella sintesi di molte sostanze chimiche vitali per il corpo, comprese la creatina, la melatonina e il glutatione. La SAMe esercita anche effetti protettivi per il fegato. Come antidepressivo funziona più velocemente della maggior parte dei farmaci da prescrizione. Lo svantaggio principale è che è costoso, perché le dosi usate per curare i problemi alle articolazioni sono di 1,2 g al giorno.

• Cetile miristoleato (CM). Il CM è una combinazione di alcol cetilico e un acido grasso monoinsaturo che si chiama acido miristoleico. È stato scoperto quando gli esperimenti con un certo tipo di cavie hanno mostrato che gli animali erano molto resistenti all’artrite indotta in modo sperimentale. Le cavie presentavano anche livelli alti di CM. Quando gli scienziati hanno somministrato il CM a cavie di altro tipo, anch’esse hanno mostrato una forte diminuzione dell’incidenza dei sintomi dell’artrite. Uno studio recente sulle cavie ha confermato queste scoperte; in questo caso, 20 mg per chilogrammo di peso corporeo hanno prodotto una piccola riduzione dei sintomi dell’artrite (6). Gli effetti del CM sulle articolazioni comprendono una riduzione della sintesi dei vari mediatori infiammatori, come le prostaglandine e le leucotrine. Sfortunatamente, il CM è un altro integratore costoso e non ci sono abbastanza ricerche sull’uomo a dimostrazione della sua efficacia. Invece, sappiamo con certezza che gli acidi grassi influenzano la produzione delle sostanze che causano infiammazione nel corpo. Per esempio, un eccesso di acidi grassi omega-6, presenti negli oli vegetali, favorisce la sintesi di molte sostanze infiammatorie che ritardano la guarigione e causano dolore. Gli acidi grassi omega-3, presenti negli oli di pesce, esercitano l’effetto opposto: riducono l’infiammazione e favoriscono la guarigione.

• Boswellia. L’albero boswellia, originario dell’India, produce una linfa da tempo utilizzata nella medicina tradizionale indiana per curare le infiammazioni. Gli integratori efficaci sono composti per almeno il 65% di acidi boswellici, che sono gli ingredienti attivi. La dose totale giornaliera tipica sono 1,2 g. La boswellia funziona al meglio quando combinata con il turmerico, un’erba indiana molto popolare. La curcumina, l’ingrediente attivo del turmerico, offre molti benefici importanti per la salute. Uno studio recente ha mostrato che una combinazione di boswellia e curcumina alleviava il dolore il dolore dato dall’artrite alle ginocchia meglio del farmaco da prescrizione diclofenac (7).

• Metilsulfonilmetano (MSM). È la versione orale di una cura topica per le articolazioni in voga circa 25 anni fa, il DMSO. Tuttavia, a differenza di quest’ultimo, l’MSM non vi fa puzzare d’aglio. L’MSM è una buona fonte di zolfo che, come detto, è fondamentale per la sintesi e il mantenimento delle articolazioni. L’MSM è assolutamente non tossico. La dose consigliata sono 2-5 g al giorno.

• Collagene idrolizzato. Meglio conosciuto come gelatina, questa forma di collagene è considerata funzionare perché fornisce gli amminoacidi usati nella sintesi del collagene, la principale proteina strutturale del tessuto connettivo. Come altri nutrienti per le articolazioni, il collagene idrolizzato ha bisogno di almeno due mesi per funzionare. La dose più comune sono 10 g al giorno.

• Artiglio del diavolo. Anche se può sembrare qualcosa uscito da un racconto di Stephen King, l’artiglio del diavolo è un’erba considerata curare il dolore articolare. Il suo ingrediente attivo è una sostanza che si chiama harpagoside. Uno studio ha mostrato che l’artiglio del diavolo esercitava un’attività antinfiammatoria simile a quella del potente farmaco antinfiammatorio fenilbutazone. In particolare, sembra essere particolarmente efficace per la cura del dolore alla parte bassa della schiena. La dose consigliata va da 600 a 6.000 mg al giorno di un estratto standardizzato per l’1-3% di harpagoside.

• Cozze. Questo frutto di mare contiene alcune forme naturali di condroitina e di altri GAG. La dose comune sono 500-3.000 mg il giorno suddivisi in più dosi. Il cetriolo di mare ha proprietà simili, la dose comune sono 500- 2.000 mg il giorno.

• Proteine del latte. Alcuni integratori speciali che contengono estratti di latte in polvere derivati da mucche iperimmunizzate possono alleviare il dolore articolare (8). Questi integratori contengono sostanze antinfiammatorie naturali concentrate derivate dal latte. Studi preliminari hanno mostrato che le persone che ne assumevano 2 g due volte il giorno sperimentavano meno dolore, rigidità e immobilità articolare.

• Antiossidanti. Vari flavonoidi e nutrienti antiossidanti, come i minerali manganese e zinco, facilitano la protezione e la riparazione articolare smorzando gli effetti infiammatori dei radicali liberi nelle articolazioni e agendo come fattori coenzima nei processi di riparazione articolari. Alcuni studi recenti mostrano che il tè verde, che contiene potenti antiossidanti, può aiutare a prevenire l’artrite (9).

• Boro. Anni fa questo oligominerale era considerato un modo naturale per aumentare il testosterone. Lo faceva… nelle donne anziane. In tutti gli altri non esercitava questo effetto, però è anche coinvolto nel metabolismo delle articolazioni e delle ossa. Gli studi mostrano che nelle parti del mondo dove le persone assumono 1 mg o meno di boro il giorno, l’incidenza dell’artrite è del 20-70%. Nelle zone dove le persone assumono 3-10 mg il giorno, l’incidenza e dello 0-10%. La dose giornaliera di boro è assunta mangiando vari tipi di frutta. Le dosi consigliate vanno dai 3 ai 5 mg al giorno.

Infine, anche se il testosterone non è uno strumento alimentare, uno studio recente ha mostrato che avere livelli ottimali di testosterone sembra conservare il volume delle cartilagini del ginocchio negli uomini sani (10).

Bibliografia

6) Hunter, K.W., et al. (2003). Synthesis of cetyl myristoleate and evaluation of its therapeutic effi ciency in a murine model of colla gen-induced arthritis. Pharmaceut Res. 47:43-47.

7) Badria, F.A., et al. (2003). Boswellia-curcumin preparation for treating knee osteoarthritis. Alternative and Comp Ther Dec. 341-348.

8) Zenk, J.L., et al. (2002). The effects of milk protein concentrate on the symptoms of osteoarthritis in adults: an exploratory, random ized, doubleblind, placebo-con trolled study. Curr Therap Res. 63:430-442.

9) Haqqi, T.M., et al. (1999). Pre vention of collagen-induced arthritis in mice by a polyphenolic fraction from green tea. Proc Natl Acad Sci USA. 96:4524-29.

10) Cicuttini, E.M., et al. (2003). Factors affecting knee cartilage in healthy men. Rheumatology. 42:258-262.



Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 1“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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11 gennaio 2013

Coprifuoco notturno per il cortisolo

di Jerry Brainum


Il cortisolo è il principale ormone catabolico presente nell’organismo. Viene prodotto nella corteccia surrenale attraverso l’ACTH, rilasciato dall’ipofisi del cervello in risposta a vari tipi di stress, compreso l’esercizio fisico. Il buon senso (confermato dagli studi effettuati) ci dice che più una sessione di allenamento è intensa e maggiore è il livello di cortisolo. Il cortisolo può, tuttavia, subire modifiche ad opera di farmaci (l’insulina, gli steroidi anabolizzanti, il GH e altri) e la dieta (apporto di carboidrati durante e dopo l’allenamento, integratori di fosfatidilserina con dosaggi da 800 mg al giorno).

8 gennaio 2013

Integratori o "supplementi"?

del Dott. Marco Ceriani

Non ho mai amato la parola “integratori”.  E’ un termine che è stato troppe volte frainteso e combattuto dai media che l’hanno spesso e a torto considerato “l’anticamera del doping”. Con il termine “integratori” sono indicati quasi sempre prodotti commerciali per il dimagrimento e quasi mai i prodotti validamente formulati per la performance e il benessere (minerali, vitamine, antiossidanti e molecole proteiche in genere). Questi per me sono “i supplementi”, sostanze che risultano spesso fondamentali per integrare nel modo opportuno un’alimentazione che deve essere comunque programmata per le esigenze del singolo atleta.

Un supplemento in pratica è un alimento che apporta determinati nutrienti in forma purificata e concentrata. Si tratta quindi di formulazioni ideali, per quantità e qualità dei nutrienti, per integrare la tua alimentazione giornaliera, ma anche per sostituirla in determinate situazioni, come nel periodo pre-competitivo, rendendo più semplice assumere nutrienti.

Un supplemento deve quindi essere formulato con ingredienti accuratamente selezionati e concentrati: solo in questo modo può garantirti un apporto mirato dei singoli nutrienti indispensabili a ottimizzare le tue performance e il tuo livello di forma fisica. Scopo principale dei supplementi è infatti quello di apportare molecole utili a livello energetico o funzionale, massimizzando la velocità di assorbimento. Quello che distingue un supplemento da un comune alimento è l’assenza di nutrienti inutili o non richiesti, garantendo così un assorbimento mirato e rapido dei nutrienti.

Devi calibrare la tua strategia di supplementazione, così come quella dietetica, sulle tue esigenze metaboliche che ovviamente non corrisponderanno mai a quelle dei tuoi compagni di allenamento. Ogni atleta ha infatti un proprio metabolismo frutto di parametri soggettivi come: genetica, sesso, peso, età, alimentazione, frequenza e intensità dell’allenamento, lavoro svolto e condizioni climatiche. La temperatura esterna è un parametro tutt’altro che marginale perché non è propriamente la stessa cosa svolgere un allenamento a 40° sopra o sotto lo zero. È per questo motivo che lo sci di fondo è uno degli sport con il più alto dispendio energetico in assoluto.

È bene evidenziare che la supplementazione di molecole e composti vitaminici, anabolici e funzionali non è un elemento facoltativo della strategia nutrizionale, ma al contrario rappresenta per tutti gli agonisti una assoluta necessità. Se è infatti vero che una “sana e variata alimentazione può apportare tutti i nutrienti indispensabili all’organismo” (come consigliato dal Ministero della Salute), è anche vero che oggi, a causa di uno stile di vita sempre più frenetico, si è obbligati a consumare alimenti che non sono né freschi né completi dal punto di vista nutrizionale (quasi sempre la tua alimentazione ha un eccesso di zuccheri e grassi, con poche proteine, fibre e vitamine). Si tratta essenzialmente di alimenti morti. Cibi privi di qualunque apporto di molecole vive e vitali.

Considera che tu, come atleta, hai un fabbisogno nutrizionale più alto di un normale individuo sedentario. Quindi non dovresti ignorare i supplementi che sono appositamente formulati per il prima e dopo l’allenamento e la competizione.  I supplementi appartengono alla categoria degli alimenti e NON a quella dei farmaci. Se sei una persona sana, non esistono formulazioni pericolose e il rischio di sovradosaggi tossici è praticamente identico a quello dei comuni alimenti. Ricordati sempre di pianificare la tua strategia di supplementazione sulle tue specifiche richieste metaboliche e caratteristiche nutrizionali.


Articolo liberamente tratto da "Fight Diet" di Marco Ceriani. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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1 gennaio 2013

Valutate gli integratori con senso critico

di Mauro di Pasquale


Mentre molti si rendono conto dei benefici che gli integratori possono apportare, la maggioranza delle persone ha solamente idee strane su cosa funziona e su cosa non funziona. In molti casi l’unica informazione per loro disponibile arriva dalle persone che producono, distribuiscono e rivendono al dettaglio gli integratori che acquistano, e sapete una cosa? Faranno tutto quanto è in loro potere per farvi comprare il loro prodotto!


Quando si ha a che fare con gli integratori è importante comprendere che l’industria degli integratori è un mercato pilotato. Molto di quello che ottenete con un integratore è determinato dal modo in cui una ditta vuole commercializzare o vendere un prodotto. Qui un fattore di importanza notevole è il “valore percepito”. L’industria degli integratori è un tipo di impresa del genere “Non è chi sei che importa, ma chi la gente pensa che tu sia”. I prodotti sono spesso venduti in base al gusto, al colore ed a ciò che rende interessante un’etichetta. Che il prodotto abbia un reale valore, può essere tutto un altro discorso. Gran parte del marketing si basa sulla mentalità del “va di moda”, dal "packaging accattivante" oppure “è l’integratore del secolo”.


Se una ditta riesce ad inventare un nome che attiri l’attenzione per un prodotto, sa di avere una migliore possibilità di tenervi inchiodati quel tempo necessario a leggere una inserzione pubblicitaria o un’etichetta e farvi acquistare il prodotto. Purtroppo il più delle volte i nomi che i maghi del marketing escogitano per questi prodotti sono molto meglio del prodotto stesso. Se qualcuno decanta il “Lipolitico X” come un “ottimizzatore metabolico” con “azione anticatabolica” senza definire i termini o il prodotto, è assai probabile che vi stia prendendo in giro.


Il punto importante da tenere in mente quando si ha a che fare con gli integratori è essere critici. Prima di saltare in aria e annunciare al mondo quanto buono è un integratore, date un’occhiata critica ai benefici che pensate di avere ricevuto grazie ad esso. Studiate i vostri progressi per vedere se siete veramente andati oltre quanto vi aspettereste normalmente dalla dieta e dal programma di allenamento che state seguendo. Il vostro corpo si sta modellando più di quanto vi sareste aspettati normalmente? State ottenendo davvero maggiore vigore dall’integratore o è il vostro aumento di entusiasmo e di dedizione la fonte  del miglioramento?


C’è una specie di effetto “placebo” che può verificarsi con gli integratori. Una persona può iniziare a prenderli al momento stesso in cui comincia un programma di allenamento o mette a posto la propria alimentazione e il proprio stile di vita. Si possono verificare dei miglioramenti nello stato generale di fitness e la persona può pensare che i risultati siano stati dati dagli integratori mentre in realtà sono dovuti semplicemente ad un aumento dell’impegno nell’allenamento ed a maggiore disciplina nella dieta.


Articolo liberamente tratto da "La dieta metabolica" del Dott. Mauro di Pasquale. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.


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