25 maggio 2020

La verità sulle proteine - parte 2

Rx Files
La verità sulle proteine è là fuori
e il ricercatore francese Yves Boirie
ve ne svela gran parte

Parte 2
di Brian Batcheldor


Sebbene non sarei mai tanto negativo da dire che il bodybuilding ha fatto i suoi giorni, nessuno può negare che il momento di boom è passato. Ad un certo punto degli anni Ottanta, quando Platinum Everywear e le imitazioni della Met-Rx erano dappertutto, lo splendore cominciò ad affievolirsi. Come proprietario di una palestra hard-core per molti anni, posso ricordare vividamente quando ogni nuovo film di Arnold portava un’orda di giovani reclute a varcare la porta tutte dotate di un apparente entusiasmo illimitato. Quasi tutti avevano il potenziale genetico di Mr. Bean, ma caricavano allegramente i bilancieri per i tipi più grossi – nella speranza di carpire importanti segreti da uno di quei bestioni.

Questo al tempo. Oggi ho gente che mi telefona per sapere se in palestra c’è un angolo bar o se si fa il Pilates. Cosa diavolo è successo? Hanno messo qualcosa nell’acqua?
La verità è che il bodybuilding non ha proprio avuto alcun bisogno per distruggersi. Alcuni ritengono che il doping abbia fatto la sua parte, dicendo che ha promosso scetticismo sull’importanza dell’alimentazione e sul valore di tutto quanto non sia farmaceutico. Questo è un buon argomento ma guardate la direzione in cui si sono incamminati gli stessi bodybuilder. I partecipanti odierni all’Olympia assomigliano a delle caricature. Fisici nei quali pochi possono identificarsi relegano qualsiasi cosa meno che spaventosa al rango di già visto. Poi ci sono quelle tabelle di allenamento, le fatiche di Ercole, con volumi di lavoro inconcepibili e tonnellaggi che logorerebbero i tendini e vi lascerebbero con le surrenali grosse come meloni. E che dire dell’alimentazione? Che dire di una dieta basata sull’apporto quotidiano pari a quello di un Paese del Terzo Mondo? In breve, l’irraggiungibile raggiunto facendo l’impossibile e consumando l’indigeribile.
Quale importanza hanno le pratiche estremamente esagerate degli atleti che ricorrono alla chimica e che sono geneticamente dotati per gli obiettivi di un principiante di media genetica? Lottare con un tale stile di vita spartano e trovare gli errori al termine di ogni prova prosciugherebbe l’entusiasmo anche dell’irriducibile più motivato.

Molte delle scoperte della scienza dello sport hanno più importanza per il bodybuilding che forse per ogni altro sport, tuttavia ben poca di quella tecnologia è stata applicata fin ora. Svariati anni fa IRONMAN prese l’iniziativa adattando al bodybuilding principi come quello della periodizzazione. Per mezzo di tabelle, percentuali, micro-, meso- e macrocicli, un nuovo approccio scientifico ha offerto muscoli in base a cifre precise. L’impiego della risonanza magnetica (MRI) ha eliminato ulteriormente le congetture mostrandoci quali esercizi sono i più efficaci per avere risultati. Purtroppo pochi hanno continuato a seguire tale strada ma come minimo le informazioni si trovano, se le si vogliono cercare.

Quale importanza hanno le pratiche
estremamente esagerate degli atleti
che ricorrono alla chimica e che sono
geneticamente dotati per gli obiettivi di un
principiante di media genetica? Lottare
con un tale stile di vita spartano e
trovare gli errori al termine di ogni
prova prosciugherebbe
l’entusiasmo anche dell’irriducibile più
motivato.
Con “Rx Files” è stata mia intenzione passare in rassegna l’applicazione della scienza all’alimentazione sportiva – in particolare nel settore del metabolismo delle proteine. Sebbene siano stati fissati dei punti fermi, per la maggior parte siamo ancora nel regno delle ipotesi e delle teorie, affidandoci pesantemente sulle qualifiche di chi tira ad indovinare. Ad esempio, non possiamo dare una cifra esatta del quantitativo ideale di proteine che un atleta dovrebbe assumere. Magari quante assumerne potrebbe non essere la sola cosa importante. Il momento in cui vengono assunte può essere più importante. Nella parte prima della mia intervista con Yves Boirie abbiamo discusso i due studi svolti dalla sua équipe per esaminare il principio delle proteine alimentari “veloci” e “lente”. Da quegli studi e dall’intervista possiamo stabilire che i seguenti fatti devono essere tenuti presenti quando si programma la propria strategia nutrizionale:

• Il tasso di digestione delle proteine apportate da una particolare fonte – ossia siero, caseina, pollo – è un fattore indipendente che influenza la quantità di proteine che il corpo ritiene effettivamente.
• Mentre le proteine “veloci” possono stimolare drasticamente la sintesi proteica, se non cambiate il catabolismo proteico, potete pur sempre ritrovarvi con un bilancio negativo. Pertanto il fattore più importante per migliorare il bilancio proteico è un aumento prolungato degli aminoacidi, in quanto quella è la strada per inibire il catabolismo proteico.
• Perciò, nei giovani adulti le proteine “lente” sono assai meglio per i risultati netti.

Yves Boirie è stato impegnato in tre studi sulla sintesi proteica. Tutto iniziò con uno studio volto all’analisi del modo in cui si valutava come migliorare l’utilizzazione proteica negli anziani.1  La perdita proteica negli anziani può avere serie implicazioni, soprattutto in relazione ai traumi e al sistema immunitario. Il miglioramento della ritenzione proteica limiterebbe la perdita di muscolatura e migliorerebbe l’anabolismo. Il solo aumento della quota proteica si era già dimostrato inefficace per migliorare la ritenzione. In quel primo studio 15 donne anziane in buona salute sono state suddivise in due gruppi, ognuno ha seguito un diverso protocollo alimentare. I soggetti del primo gruppo seguivano una dieta nella quale la quantità giornaliera di proteine era equamente suddivisa in quattro pasti nell’arco di 12 ore. Il secondo gruppo seguiva quello che è stato chiamato un modello di alimentazione “pulsatile”, nel quale l’80% circa della quota proteica giornaliera era consumata a mezzogiorno, la parte rimanente suddivisa tra i pasti della mattina (7%) e della sera (14%).
Lo studio ha concluso che il bilancio azotato era molto più positivo con il modello pulsatile che con la suddivisione dei pasti nel corso della giornata. Questi risultati si sono verificati tramite un maggiore aumento della sintesi proteica e una minor degradazione proteica. È interessante che pur se entrambi i gruppi avevano le stesse precise quote proteiche, il gruppo che suddivideva le proteine accusava una riduzione nella massa magra. La conclusione è stata che il modello di alimentazione pulsatile era più efficiente nel migliorare la ritenzione proteica negli anziani.




L’équipe ha poi deciso di vedere se il modello di alimentazione pulsatile fosse più efficiente nel migliorare l’anabolismo nelle giovani donne. In un secondo studio hanno determinato che i due modelli di alimentazione non avevano effetti significativamente diversi sulla ritenzione delle proteine nelle giovani donne.2  Ad ogni modo, il terzo studio ha rilevato una discrepanza con la precedente conclusione e ha trovato qualcosa di più.3  Ha stabilito non solo che il modello pulsatile era in grado di indurre una regolazione cronica del metabolismo proteico sia in donne giovani sia anziane ma anche quella modifica persisteva per minimo un giorno dopo che i soggetti erano tornati alla loro dieta normale. In altre parole, il protocollo con l’alimentazione pulsatile ha portato ad un miglioramento della risposta ad un pasto della sintesi proteica e ad un migliore effetto di risparmio proteico nel periodo post assorbimento. Quando durante la giornata si combinano sia pasti ricchi di proteine sia pasti poveri di proteine, il modello di alimentazione pulsatile migliora l’anabolismo dando i vantaggi da entrambe le diete, ossia quella iperproteica e quella ipoproteica.
Dal momento che tale informazione deve avere qualche applicazione nel bodybuilding, ho posto svariate domande sul protocollo di alimentazione proteica pulsatile a Boirie.

Brian Batcheldor: Nella ricerca di maggio 2000 indicava che tanto nelle donne giovani quanto nelle anziane un modello di alimentazione pulsatile può essere superiore in termini di cinetica della leucina rispetto ad una suddivisione nel corso della giornata.3 Le differenze nella ritenzione proteica erano piuttosto significative nelle giovani donne dello studio. Questo è molto interessante perché nell’alimentazione sportiva ci è stato detto per molti anni che è meglio consumare dai sei agli otto pasti proteici al giorno per migliorare la ritenzione proteica. Tuttavia tale consiglio sembra non avere alcuna base scientifica. Anzi, le ricerche indicano che il modello pulsatile può essere di gran lunga superiore per migliorare l’anabolismo. È d’accordo?
Yves Boirie: Penso che un fatto importante di questo studio sia che i soggetti erano preparati prima del vero studio. Per due settimane hanno preso una quantità minore di proteine, circa 1,2 g per ogni chilogrammo di massa magra. Questo per aggiustare tutti i soggetti su una quota proteica simile. Ecco un punto basilare: questa preparazione, soprattutto negli anziani. Un secondo fatto è che si è potuta riscontrare una maggiore differenza negli anziani rispetto ai giovani. Ciò potrebbe essere interpretato come se i giovani possano adattarsi a modelli di alimentazione proteica diversi meglio degli anziani.
Il modello di alimentazione
pulsatile ha portato ad un
miglioramento della
risposta ad un pasto della
sintesi proteica e ad un
migliore effetto di risparmio
proteico nel periodo post
assorbimento.
  
 
BB: Qual è stata la dose di proteine alla quale siete arrivati per lo studio?
YB: È stata 1,7 g di proteine per ogni chilogrammo di massa magra, quindi quasi 1,4 g per ogni chilogrammo di peso corporeo.

BB: Quindi una dose piuttosto moderata. Non era bassa?
YB: Sì, piuttosto moderata. Ma solo giocando con la distribuzione dei pasti nel corso della giornata, abbiamo trovato una enorme differenza negli anziani, non nei soggetti più giovani. In ogni caso quegli studi non sono stati eseguiti con l’abbinamento dell’attività fisica, pertanto non sappiamo nulla dell’impatto che avrebbe l’attività fisica con quel tipo di modello di alimentazione proteica. Ma penso che potrebbe essere un buon argomento.

BB: Sì, pare molto significativo perché è contrario a tutto quanto viene detto tradizionalmente nell’alimentazione sportiva.
YB: Non conosco alcun dato scientifico su quei modelli di alimentazione in riferimento all’attività fisica.

BB: Giusto ed è questo che rende la cosa tanto affascinante.
“Ci sono motivi
per pensare che
l’effetto del
modello di
alimentazione
pulsatile è forse
dovuto anche ai
pasti non
proteici.”
YB: Un’altra considerazione importante è l’impatto dei pasti non proteici sul successo del modello di alimentazione pulsatile. C’è un lauto pasto proteico e poi uno non proteico. Ci sono motivi per pensare che l’effetto del modello di alimentazione pulsatile è forse dovuto anche ai pasti non proteici.
 
BB: Quindi sta dicendo che forse i carboidrati e la frazione dei pasti possono avere contribuito in misura più significativa a quei risultati?
YB: Sì, soprattutto dopo un lauto pasto ricco di proteine. Potrebbe significare che la combinazione o di carboidrati o lipidi con le proteine possa essere molto importante – non nel medesimo pasto, ma in pasti differenti. Possono comportarsi diversamente quando sono presi separatamente.
Siamo stati molto sorpresi di vedere che dopo 14 giorni di quel regime avevamo ancora i cambiamenti un giorno dopo che il modello di alimentazione proteico era ridotto, ma non sappiamo quanto a lungo dura. Ci sono alcune prove che la differenza nelle persone anziane scompare dopo 30 giorni ma al momento non lo sappiamo di sicuro.
 
BB: Prima abbiamo brevemente discusso l’assunzione eccessiva di proteine in alcuni atleti, circa 400-500 g al giorno. Se un atleta consumasse una grossa quantità proteica al giorno senza l’aiuto di qualche influenza esterna, come gli steroidi anabolizzanti e l’ormone della crescita, allora qualsiasi cosa che induca una regolazione cronica del metabolismo proteico sarebbe senz’altro positiva, no?
YB: Questo è quanto stiamo cercando di determinare. Forse siamo riusciti a dimostrare che ci sono altri modi per migliorare il bilancio proteico.

BB: Quale impatto pensate che abbiano avuto sui risultati le proteine consumate?
YB: Negli studi abbiamo impiegato alimenti tipici di una normale dieta francese: carne, formaggio, ecc. Al momento non sappiamo quale è il comportamento di tutte quelle diverse proteine. È un settore sconfinato aperto ad ulteriori studi. Quello che posso dire è, ad esempio, che i peptidi sono assimilati in maniera diversa come anche gli aminoacidi in forma libera, quindi stiamo parlando non soltanto degli alimenti ma della forma molecolare delle proteine date.

BB: È possibile che se i primi studi si fossero concentrati sull’impiego delle proteine lente, allora il modello di alimentazione pulsatile avrebbe dato risultati migliori perché
ci sarebbe stato un minor catabolismo proteico?

YB: Sì, esattamente. Inoltre abbiamo svolto altri studi sull’area splancnica e siamo stati sorpresi nel vedere che in alcune condizioni si può avere un’estrazione splancnica altissima degli aminoacidi apportati dalla dieta. Come potete immaginare, proteine lente o veloci e un modello di alimentazione pulsatile o frazionata può avere anche effetti sull’utilizzazione splancnica degli aminoacidi e potrebbe pertanto, alla fine, determinare la disponibilità di aminoacidi nei tessuti periferici della muscolatura. Questo è quanto abbiamo dimostrato in precedenza. Ci sono molte considerazioni da fare.

Bibliografia
1 Arnal, M.A.; Mosoni, L.; Boirie, Y.; Houlier, M.L.; Morin, L.; Verdier, E.; Ritz, P.; Antoine, J.M.; Prugnaud, J.; Beaufrere, B.; Mirand, P.P. (1999). Protein pulse feeding improves protein retention in elderly women. American Journal of Clinical Nutrition. 69(6):1202-8.
2 Arnal, M.A.; Mosoni, L.; Boirie, Y.; Houlier, M.L.; Morin, L.; Verdier, E.; Ritz, P.; Antoine, J.M.; Prugnaud, J.; Beaufrere, B.; Mirand, P.P. (2000). Protein feeding pattern does not affect protein retention in young women. Journal of Nutrition. 130(7):1700-4.
3 Arnal, M.A.; Mosoni, L.; Boirie, Y.; Gachon, P.; Genest, M.; Bayle, G.; Grizard, J.; Arnal, M.; Antoine, J.M.; Beaufrere, B.; Mirand, P.P. (2000). Protein turnover modifications induced by the protein feeding pattern still persist after the end of the diets. American Journal of Physiology Endocrinology and Metabolism. 278(5):E902-9.


Altri dati importanti sulle proteine
Le seguenti citazioni sono state fornite da un ricercatore americano, esperto sulle proteine, che è stato intervistato su IRONMAN di aprile ’99. Ha scelto di non svelare la sua identità perché collabora nella produzione di proteine con un certo numero di ditte tra loro rivali.
• Il latte umano [una sostanza eccezionalmente anabolica] contiene un rapporto equilibrato pari a 50-60% di proteine del siero e 40-50% di caseina.
• Contrariamente a quanto dicono le imperversanti pubblicità, il tipo di processo al quale è sottoposto il siero, che sia la filtrazione o lo scambio ionico, ha poco a che fare con la qualità dell’integratore.
• La glutamina legata è superiore alla L-glutamina, ossia la glutamina libera, perché la forma libera dell’aminoacido è molto instabile in presenza dell’acqua, del calore e delle variazioni del pH. Gli aminoacidi legati coi peptidi sono sempre meglio della forma libera, perché gli aminoacidi in forma libera competono l’uno con l’altro per l’assorbimento da parte del corpo.
• Il caseinato è una fonte proteica di elevata qualità. Sono solamente stupidaggini affermare che dà flatulenza o indigestione in misura maggiore del siero o di altre proteine infatti le proteine del siero sono generalmente considerate più allergeniche nell’uomo rispetto ai caseinati.
• Lo studio citato in molte inserzioni pubblicitari attuali sulle proteine del siero afferma che quando si consuma il siero, viene assimilato tanto rapidamente che molto è veicolato subito al fegato, dove gli aminoacidi sono ossidati per ricavarne energia invece che per la sintesi del tessuto muscolare.
• Il medesimo studio ha visto che il consumo di caseina portava ad un rilascio più lento ma più prolungato di aminoacidi nel sangue. Gli autori hanno perfino affermato che la più lenta comparizione degli aminoacidi dalla caseina portava ad una risposta metabolica diversa rispetto a quella indotta dal siero.
• Il punto importante è che gli autori hanno detto chiaramente che la caseina inibisce in maniera significativa il catabolismo proteico nel corpo. Ancora più importante, hanno concluso che il consumo di caseina dava un risultato netto nell’equilibrio proteico pari a quello ottenuto con il siero.
• Ogni ditta che prova a convincervi che consumare solamente proteine del siero o solamente caseina è il miglior approccio non sta altro che vendendo fumo. Contrariamente a quello che dicono le pubblicità, non ci sono basi scientifiche a sostegno di quelle affermazioni. Certo, possono citare molti studi, ma uno sguardo più ravvicinato rivela che gli studi hanno poca se non alcuna applicabilità al mondo reale.
• Sia le proteine del siero sia quelle della caseina danno effetti positivi. Sono assimilate secondo tempi diversi e suscitano risposte metaboliche diverse. In realtà, si completano le une con le altre e per il massimo dei benefici dovrebbero essere consumate insieme.

Pubblicato su Olympian's News / Iron Man edizione italiana 

24 maggio 2020

Rx Files La verità sulle proteine è là fuori e il ricercatore francese Yves Boirie ve ne svela gran parte

di Brian Batcheldor
Pubblicato su Olympian's News / Iron Man edizione italiana 


La prossima volta che siete al ristorante pronti per gustare una succulenta bistecca, fermatevi un momento e riflettete. Non vi rendete conto che non potete digerire più di 30 g di proteine per volta? Non avete sentito che dovete consumare le proteine ogni tre ore per fornire il migliore ambiente anabolico per la crescita muscolare? Eravate su un altro pianeta quando hanno detto che il siero è la fonte proteica ideale per la crescita muscolare?

Se avete risposto sì anche ad una sola delle domande precedenti (tranne l’ultima), voglio che riflettiate attentamente per ricordarvi dove avete sentito quelle cosiddette notizie. A dire il vero quelle informazioni girano nelle palestre da talmente tanto tempo che probabilmente non vi ricordate quando e come le avete sentite per la prima volta. Non prendetevela. Ho sentito addirittura bodybuilder professionisti recitare la medesima litania durante dei seminari solo per affermare poi che consumano quotidianamente almeno 3,3 g di proteine per ogni chilogrammo di peso corporeo. Questo significa che un bodybuilder di 136 kg non dorme e passa 45 ore al giorno a pulire shaker!
Potrebbe essere che quelle affermazioni, quelle che avete sempre pensato fossero scolpite nella pietra, non corrispondano a verità? Tutto dipende dalla vostra definizione di verità. Se, come me, vi aspettate che la verità sia avvalorata da studi scientifici credibili, da anni di prove ed errori o anche solo da conclusioni ovvie, allora quelle affermazioni non sono vere. Per la maggior parte sono credenze trasmesse da guru ben intenzionati dei tempi passati quando la gente non aveva la tecnologia per accedere alle informazioni a cui siamo abituati oggigiorno. Per avere progressi più in fretta, dovete aprire la mente e collocare quelle affermazioni sulle proteine tra i miti al pari di Roswell e lo Yeti.

Negli ultimi tre
anni nessun altro
scienziato che
lavorasse nel
campo delle
proteine alimentari
ha ricevuto più
citazioni di Yves
Boirie.
 
Oggi con i gigabyte di risultati di innumerevoli studi scientifici che riempiono i database medici tanto da farli scoppiare, dovremmo avere la verità e solo la verità, non ho ragione? Purtroppo l’onestà ha lasciato spazio al marketing disonesto.

Quasi tutte le ricerche sul metabolismo proteico non coinvolgevano gli atleti, a meno ovviamente che “atleta” non sia uno pseudonimo per “ratto con morbo intestinale”. Gran parte delle ditte di integratori non potrebbe mai sostenere i costi elevati necessari per condurre un valido studio scientifico – una bella cifra che potrebbe probabilmente comprare quasi tutte le aziende concorrenti. Al contrario hanno scelto di seguire la vecchia e collaudata tattica del raggiro. Portano i consumatori fuori strada citando studi contraffatti che producono il genere di risultati che le ditte si possono solo sognare. Tale forma di pubblicità per niente affatto etica fa colpo sui giovani e sugli ingenui. Ma anche per l’atleta più vigile la ditta di integratori inquina il limitato materiale di una qualche importanza aggiungendo le proprie interpretazioni di parte. Con le capacità illusionistiche degne di Houdini e la mancanza di scrupoli di un malvivente, presentano solamente quello che vogliono che sia saputo, tranquilli che tanto la maggioranza della gente non si prenderà mai la briga di controllare la letteratura scientifica riportata a caratteri minuscoli nella bibliografia.
Ma allora cosa ci dice in verità la ricerca scientifica? Dove cercare per trovare la verità? Entra in scena Yves Boirie.

Negli ultimi tre anni nessun altro scienziato che lavorasse nel campo delle proteine alimentari ha ricevuto più citazioni di Yves Boirie. Tutto è iniziato con un articolo comparso in un numero del 1998 dell’ormai scomparsa rivista Peak Training Journal, un centro di ricerca per alcune delle autorità più progressiste di questo settore. L’articolo “Whey Out of Line” è stato scritto da Joe Feliciano, un giornalista scientifico franco oltre che ricercatore che ha militato proprio in trincea. Feliciano non ha risparmiato colpi mentre sviscerava la nuda verità sulla qualità delle proteine e la controversia su siero e caseina. Per me è un articolo da premio Nobel. Come dati di fatto che convalidavano la posizione contro i grandi produttori di proteine, Feliciano ha riportato uno studio del 1997 intitolato “Slow and Fast Dietary Proteins Differently Modulate Postprandial Protein Accretion”. È stato in quell’articolo che i bodybuilder hanno letto per la prima volta il nome di Yves Boirie.

Poi sono seguiti altri articoli, man mano che l’inflessibile Feliciano veniva spalleggiato nella sua campagna da altri cervelloni, tra i quali il dr. Jim Wright, il redattore scientifico di Flex ed una della personalità maggiormente stimate nell’ambiente. Presto gli studi di Boirie sono diventati il comun denominatore di tutti gli articoli di un certo livello qualitativo sulle proteine (per non dire di quasi tutti gli articoli che parlavano di proteine!). Dalle pagine di Flex, IRONMAN, Peak e Planet Muscle venivamo edotti sulle scoperte probabilmente più significative e avanzate riguardo al metabolismo proteico. Ad ogni modo le riviste stanno a galla grazie ai proventi della pubblicità e quelle rivelazioni erano estremamente poco gradite ai produttori. Spesso avere il coraggio di dire la verità equivale a giocare ad una roulette russa finanziaria (riposa in pace Peak).

Perché il lavoro di Boirie e colleghi ha scoperto tanti scheletri negli armadi? Sembra che non abbia usato il medesimo tasto dei venditori più scaltri che disprezzano apertamente le regole e la morale. Il problema è stato che Boirie ha gettato sul tavolo un tipo completamente diverso di scienza – un genere che ha insito un messaggio totalmente diverso.

Nello studio del 1997 a cui hanno fatto riferimento Feliciano ed altri autori, i soggetti non erano anziani, malati, infortunati o addirittura mezzi morti di fame, un insieme di circostanze che potrebbe permettere a qualcuno di dire che perfino masticare una vecchia cintura da palestra permette di ricavare un qualche nutrimento. Al contrario Boirie e la sua équipe si sono preoccupati di utilizzare, per i loro studi, solamente soggetti giovani, sani e ben nutriti.

Lo studio del 1997 ha valutato quanto l’assorbimento degli aminoacidi potesse influenzare la quantità di proteine sintetizzate, scomposte ed effettivamente trattenute da un particolare pasto. È stato fatto un confronto tra fonti proteiche “lente” e “veloci”, con il siero che rappresentava una fonte veloce e la caseina una lenta.

Per presentare una tesi quanto più accurata possibile, i ricercatori hanno adottato cinque protocolli separati. I protocolli comprendevano l’impiego di un tracciante metabolico – un isotopo stabile, in questo preciso caso 13C-leucina – per osservare il destino dell’aminoacido leucina. In due dei protocolli il tracciante era praticamente incorporato nella fonte proteica, una situazione in cui l’equilibrio della leucina in tutto il corpo è generalmente considerato un indice della deposizione proteica.

A questo punto chiunque sarebbe scusato se avanzasse la domanda di come diavolo si fa ad inserire un isotopo in una proteina alimentare. Incredibilmente i ricercatori hanno ottenuto precise quantità di siero e di caseina etichettate usando una metodologia sviluppata in precedenza ossia dando per infusione il tracciante a mucche in allattamento. Chi ha detto che l’integrazione proteica non è una scienza?

La bravura, l’esperienza e l’integrità morale di coloro che hanno condotto lo studio sono al di là di ogni dubbio. Yves Boirie, M. D., è assistente presso la University of Clermont-Ferrand, in Francia. Specializzato in endocrinologia ed alimentazione, lavora attualmente per il Dipartimento di studi sul metabolismo proteico ed energetico del prestigioso Centro di ricerche sull’alimentazione umana di Clermont-Ferrand. Il direttore del centro è il professore Bernard Beaufrere, lui stesso un’autorità che, insieme ad altri membri della sua équipe, ha condotto una montagna di ricerche su quasi ogni singolo aspetto del metabolismo proteico. Nel corso degli anni il loro lavoro si è indirizzato all’influenza di fattori tanto disparati come l’età, l’attività fisica, gli schemi alimentari e la somministrazione di GH e IGF-1. Quasi tutto il lavoro d’équipe è basato su analisi in vivo con aminoacidi etichettati, ossia con traccianti.

OK, adesso avete il quadro completo. Questo studio è stato fatto seguendo una precisione con la P maiuscola. Le conclusioni che ricaviamo da questi risultati sono limpidissime, ma lascerò che sia Boirie a spiegarvele. Questo perché perfino questo studio, pur se non aperto ad interpretazioni, è stato vittima di un altro lavoro di potatura. Diverse ditte hanno volto a proprio vantaggio una particolare affermazione dello studio sulla sintesi proteica e l’hanno usata per spingere i loro prodotti a base di siero del latte. Saputo il fatto, Boirie ne è rimasto proprio amareggiato. Anzi, era talmente dispiaciuto che non ha accettato di essere intervistato da nessuna rivista del settore né ha risposto alle lettere di rappresentati di una qualche ditta di integratori sportivi – almeno fino ad ora.
All’inizio del 2001 avevo parlato più volte con Boirie e in quel periodo manifestai un sincero interesse per avere una sua intervista. Come molti altri nel mio campo, mi ero reso conto che egli aveva toccato un punto dolente, qualcosa troppo importante per essere lasciato alla mercé dei pescecani che sguazzano in questo settore. Essendomi familiarizzato con gran parte dei lavori della sua équipe, sapevo che lo studio del 1997 non sarebbe rimasto l’unico loro prezioso contributo. Infatti anche qualcuno degli altri studi potrebbe contenere dei punti importanti per la soluzione dei maggiori rompicapi del bodybuilding.

Dopo averlo rassicurato sul fatto che il mio interesse era accademico e che non aveva alcuna motivazione commerciale, stentai a crederci quando mi concesse l’intervista. Per quanto mi riguardava era un’opportunità da non lasciare sfuggire. Furono presi gli accordi necessari e dopo neppure in mese ero in viaggio per Clermont-Ferrand.
Iniziammo l’intervista un assolato pomeriggio di primavera con un’atmosfera informale, dopo pranzo. Dopo andammo presso il Centro di ricerche sull’alimentazione umana e passammo a discutere le questioni più delicate. La cosa che mi impressionò di più fu la dedizione di Boirie per il suo lavoro. A lui non importa un’acca di risolvere le dispute piuttosto meschine che si svolgono tra i produttori di integratori sportivi. Il suo è un obiettivo molto più nobile: migliorare la qualità della vita dell’uomo per mezzo dell’alimentazione.

“La migliore proteina per
l’alimentazione umana
sarebbe una con un
profilo aminoacidico
logicamente bilanciato,
con una buona
biodisponibilità e che
induca la sintesi degli
aminoacidi al momento
opportuno e nei tessuti
più idonei”.
 
Brian Batcheldor: Nel suo studio del 1997 “Slow and Fast Dietary Proteins Differently Modulate Postprandial Protein Accretion” si afferma che la caseina è superiore al siero per mantenere più a lungo il bilancio azotato. Lo studio indica pure che la caseina possiede effetti anticatabolici, fatto dimostrato da una inibizione pari al 34% del catabolismo delle proteine di tutto il corpo, mentre il siero no. Ritiene che questa sia una conclusione accurata in base ai risultati che avete ottenuto?
 
Yves Boirie: Sì. Questo è significativo perché con lo studio abbiamo mostrato che a livello di tutto il corpo si potrebbe stimolare moltissimo la sintesi proteica. Lo si potrebbe fare in maniera drammatica con le proteine del siero ma se non si cambia il catabolismo proteico il risultato finale può sempre essere negativo. È importante avere un certo impatto non solo sulla sintesi proteica ma anche sul catabolismo proteico. Questo è un esempio calzante della situazione perché la caseina non aumenta la sintesi nella medesima misura ma il catabolismo proteico viene ridotto. Pertanto alla fine è meglio l’effetto di un pasto a base di caseina proprio per questa inibizione del catabolismo proteico.

BB: Quindi le proteine del siero non hanno effetto sul catabolismo proteico?
Y. B.: Assolutamente alcun effetto. È stato veramente intrigante perché in altri studi con isotopi stabili somministravamo più di uno spuntino che imitasse un approvvigionamento lento di proteine e tutti gli studi in quell’area hanno mostrato un’inibizione da parte del pasto. Questo è pressoché l’unico studio che mostra che un solo pasto proteico non ha alcun effetto sul catabolismo e penso che sia per lo studio di cinetica che abbiamo svolto. Tutti gli altri studi valutavano solamente l’effetto subitaneo di un pasto, che è diverso quando l’assorbimento è veloce, completamente diverso.
Molte persone controbattono anche che la secrezione di insulina causata dalle diverse proteine potrebbe avere effetti sul catabolismo; ad ogni modo si verifica una minima stimolazione dell’insulina – non era diverso per il siero come per la caseina. Tutti dicono che l’insulina può inibire il catabolismo proteico ma questo piccolo incremento della sua secrezione non ha alcun effetto. Per quanto il valore della concentrazione di aminoacidi possa essere importante, questo studio dimostra che la cosa più importante per influenzare l’equilibrio proteico è la durata dell’elevazione del livello degli aminoacidi.

BB: Oggi molte ditte di integratori per lo sport promuovono il siero come una proteina anticatabolica, mentre il vostro studio mostra chiaramente che una singola porzione di siero non serve a niente per prevenire il catabolismo.
YB: Preciso, giudicando da quanto è stato stabilito a livello dell’intero corpo.

BB: Conosce il termine “caseina micellare”?
YB: Sì, è la caseina nativa, dove sono rappresentate le forme alfa, beta e kappa.

BB: Nello studio del 1997 avete usato la caseina micellare, la caseina nelle strutture micellari del latte di mucca, al posto del normale caseinato di calcio? Avete suggerito che potrebbe avere qualche ripercussione sui risultati?
YB: Sì, come ho detto prima, abbiamo usato una proteina nativa. È stata ottenuta da una microfiltrazione della membrana per la caseina e dopo un’ultrafiltrazione per il siero. Pertanto non abbiamo usato un precipitato di caseina, ossia trattato con acidi, perché non ci avrebbe permesso di osservare il corretto comportamento morfologico. Nello stomaco, dove l’acidità non è trascurabile, si potrebbe avere la coagulazione della caseina; comunque se si usa la caseina che è già coagulata, si potrebbe avere un comportamento diverso: non la stessa coagulazione.

BB: Allora avete pensato che gli effetti positivi della caseina possono essere stati parzialmente attribuiti al fatto che era una proteina nativa del latte nella sua forma micellare. In almeno uno dei vostri studi accennate che esistono peptidi attivi che regolano gli oppiodi contenuti in alcune della frazioni della caseina micellare e che possono avere un certo peso influenzando la motilità gastrointestinale.
YB: È difficile rispondere con certezza a questa domanda. In altri studi abbiamo visto che si potrebbe comportare in maniera simile anche il caseinato di calcio. Penso che sia un argomento importante e che necessiti di una verifica.

BB: Lei o i suoi colleghi avete mai eseguito altri studi sull’aumento delle proteine in soggetti adulti sani?
YB: Sì, abbiamo svolto uno studio che osservava gli effetti dell’insulina senza fare il profilo di alcun aminoacido. È stato eseguito con soggetti giovani ed abbiamo dimostrato che l’insulina non ha proprio alcun effetto sulla sintesi proteica a livello di tutto il corpo, soltanto un effetto sul catabolismo proteico; in ogni caso gli anziani hanno una risposta minore all’insulina e questo potrebbe rivelarsi molto importante.

BB: Sono maggiormente resistenti all’insulina?
YB: Sì. Questo potrebbe essere importante per prevenire la sarcopenia negli anziani. Abbiamo effettuato un altro studio in cui abbiamo aggiunto una fonte di carboidrati ad un pasto proteico, e questo può dare la risposta, ad esempio, ad alcune delle domande sulla combinazione di proteine e carboidrati oppure di proteine e lipidi. La domanda è: abbiamo il medesimo risparmio con i carboidrati o con i grassi assieme alle proteine? Siamo in contatto con la Società europea per la nutrizione che ha sede a Monaco e presto pubblicheremo questa ricerca.

BB: Eccellente, sarebbe molto interessante.
YB: A dire il vero posso anticiparle che c’è un risparmio sia con i carboidrati sia con i grassi.

BB: Precisamente quale tipo di effetto? E quali carboidrati avete usato: semplici o complessi?


YB: Dovete aspettare e lo saprete!
BB: Nel febbraio 2001 avete pubblicato uno studio intitolato “The Digestion Rate of Protein As an Indipendent Regulating Factor of Postprandial Protein Retention” [“La velocità di digestione delle proteine come fattore di regolazione indipendente della ritenzione proteica postprandiale”, NdT]. Ancora una volta avete indagato il legame tra la velocità di digestione e la quantità di proteine assimilate. Come avete sottolineato nel primo studio, gli aminoacidi sono potenti modulatori della sintesi proteica, del catabolismo e dell’ossidazione, quindi può essere stato possibile che i diversi profili aminoacidici possano dare risultati diversi.
YB: Questo è stato per noi uno studio importante. Dopo la pubblicazione dello studio del 1997, alcune persone dissero che le differenze tra siero e caseina erano attribuibili alla differenza di composizione per gli aminoacidi, ossia che tali differenze si potevano spiegare in termini di equilibrio proteico.

BB: Quindi, in parole povere, stavate cercando di determinare se era la velocità di digestione oppure il profilo aminoacidico che spiegava i diversi risultati?
YB: Sì, i diversi risultati e le differenti risposte.

BB: In questo studio avete impiegato quattro gruppi composti da sei giovani uomini in salute, ogni gruppo seguiva un protocollo diverso. Il primo gruppo prendeva 30 g di caseina micellare, una cosiddetta proteina ad assimilazione lenta. Il secondo gruppo prendeva 30 g di una miscela di aminoacidi in forma libera che imitava il profilo aminoacidico della caseina e rappresentava una fonte proteica veloce. Nel terzo gruppo i soggetti prendevano 30 g di siero, un’altra proteina ad assimilazione veloce, ed il quarto gruppo 13 piccoli spuntini a base di siero distanziati di 20 minuti nell’arco di quattro ore. I 13 spuntini in totale apportavano 30 g di proteine ed erano ancora un altro pasto ad assimilazione lenta. In breve, quali sono stati i risultati dello studio?
YB: Prima di tutto l’ossidazione della leucina era diminuita drammaticamente con il protocollo che riguardava vari spuntini con il siero del latte al confronto di uno solo. Abbiamo riscontrato la medesima situazione quando abbiamo confrontato la singola porzione di caseina con la miscela di aminoacidi che imitava il profilo della caseina. L’utilizzazione delle proteine contenute negli alimenti non è propriamente il risultato del profilo aminoacidico ma soprattutto un caso di velocità della digestione.

BB: E l’equilibrio della leucina dopo pasto era maggiore in quali pasti? In quelli ad assimilazione più lenta?
YB: Sì, corretto. Inoltre il catabolismo proteico era inibito in maniera significativa solamente dai pasti ad assimilazione lenta.

BB: Quindi le conclusioni dello studio del 2001 hanno confermato quelle del 1997?
YB: Sì, perfettamente consistenti con il primo studio.

BB: Nello studio del 2001 avete affermato che nei giovani le proteine lente erano migliori in riferimento all’incremento postprandiale. È esattamente la medesima conclusione alla quale eravate arrivati in precedenza?
YB: Corretto.

BB: In pratica se guardiamo ai suoi studi ed a quelli dei suoi colleghi, che tipo di proteine del latte bovino pensate apportino la migliore efficienza complessiva di utilizzazione nel corpo umano? Non sarebbe la caseina?
YB: Sì, da un punto di vista pratico. Ma non si avrebbe la medesima concentrazione di aminoacidi nel sangue e lo stimolo della sintesi, che può essere di particolare beneficio in alcune circostanze. La migliore proteina per l’alimentazione umana sarebbe una con un profilo aminoacidico logicamente bilanciato, con una buona biodisponibilità e che induca la sintesi degli aminoacidi al momento opportuno e nei tessuti più idonei, perché siamo preoccupati qui del tessuto muscolare e non del tessuto splancnico. Dovrebbe avere un impatto sul catabolismo proteico, ma dobbiamo prestare attenzione a quanto accade per il turnover proteico se consumiamo una grossa quantità di quella particolare proteina, come farebbe un bodybuilder. Quando si consuma una grossa quantità di proteine, si aumenta il loro turnover e ciò consuma molte energie non solo per la sintesi proteica ma anche per il catabolismo proteico. La gente non si rende conto del dispendio energetico collegato alla scomposizione delle proteine.

BB: In alcune circostanze il ritmo della sintesi potrebbe essere un fattore critico. Per esempio, ho ragione di trarre quella conclusione dopo che un atleta ha gareggiato o si è allenato? Le proteine del siero, essendo proteine veloci, possono essere utili subito dopo la sessione in quanto può essere richiesto un veloce apporto di aminoacidi.
YB: Può essere.

BB: Potrebbe essere altrettanto logico dedurre che se una proteina lenta fosse stata consumata al momento giusto prima dell’allenamento, potrebbe avere evitato il catabolismo?
YB: Come ho detto prima, la sensibilità muscolare è maggiore dopo una sessione d’allenamento, quindi potrebbe essere importante per aumentare la disponibilità degli aminoacidi ai muscoli. Tutto quello che posso dire è che il siero viene assorbito più rapidamente e che sembra stimolare la sintesi; ad ogni modo la vostra teoria basata sul consumo di una proteina ad assimilazione lenta può pure valere per la sintesi proteica dopo l’attività fisica. Questo è interessante. Abbiamo una situazione simile in cui molte persone adottano tale protocollo in preparazione ad un intervento chirurgico. Sappiamo che dopo un intervento chirurgico c’è una specie di resistenza all’insulina e in Svezia è stato visto che se si fa un carico di glucosio prima dell’intervento, allora la sensibilità all’insulina dopo è migliore. Pertanto può essere che abbiamo proprio la medesima situazione con il pre-carico di aminoacidi al quale lei ha accennato [consumo di proteine ad assimilazione lenta]; potremmo modulare il periodo post operatorio modulando quello pre operatorio. L’effetto che può essere raggiunto è assai impressionante. In precedenza non ero mai rimasto completamente convinto da questa teoria, ma adesso lo sono al cento per cento.

BB: Quello che sto cercando di spiegare realmente su queste fonti proteiche è che nessuna è inferiore: ognuna va bene per una particolare situazione o condizione. Non è forse così?
YB: Certamente.

BB: Quindi possiamo avere una situazione nella quale l’obiettivo primario è interrompere il catabolismo proteico e possono verificarsi altre circostanze per le quali invece è prioritario apportare velocemente gli aminoacidi. Vero?
YB: Sì, verissimo.

BB: Pertanto il siero e la caseina possiedono ciascuno qualità singolari che potrebbero servire alle diverse esigenze di un atleta?
YB: Corretto, ma è importante ricordare che perfino se una proteina è a lenta assimilazione, se la sensibilità muscolare è aumentata, il corpo potrà fare pieno uso degli aminoacidi come richiesto.

BB: Se guardiamo le proprietà singolari di ogni fonte proteica – ossia digeribilità, effetti sulla sintesi, catabolismo, deposizione – non sarebbe scontato concludere che la situazione migliorerebbe combinando il siero con la caseina?
YB: Penso che sia vero. Ecco perché le proteine native del latte sono così buone: sono perfette. Dapprima c’è il rilascio veloce degli aminoacidi e poi, quando questi iniziano a scomparire, prendono in mano la situazione gli aminoacidi della caseina, più lenta. Inoltre le proteine ad assimilazione veloce aumenterebbero la sintesi dell’apporto di aminoacidi, mentre quelle lente ridurrebbero la velocità con cui si verifica il catabolismo. La combinazione è perfetta.

BB: E cosa dire delle caratteristiche specifiche delle specie? Dopo tutto il latte di mucca è immensamente diverso da quello umano.
YB: Vero. Il latte di mucca contiene solamente 5 g per litro di siero e 25 g di caseina.

BB: Ritiene che ci possa essere un rapporto maggiormente preciso tra siero e caseina in modo che risulti maggiormente adatto per l’impiego da parte dell’uomo? Per gli atleti non potrebbe essere migliore il rapporto di 60 a 40 che si ritrova nel latte umano?
YB: Ha pienamente ragione ed alcune ditte stanno già prendendo in considerazione quei rapporti. Ci sono brevetti in corso di applicazione da parte di alcune ditte, non per integratori sportivi ma per prodotti indirizzati all’uso clinico.
“È importante ricordare che pure se la proteina è lenta, se si aumenta la sensibilità muscolare il corpo potrà sfruttare al meglio e nella maniera in cui necessita gli aminoacidi”.
È un settore di ricerca davvero interessante e penso che siamo all’inizio di una nuova era.

Nota del redattore: nella seconda parte dell’articolo Batcheldor e Boirie solleveranno ancora di più i termini della controversia discutendo un concetto che è talmente radicale da rovesciare del tutto la tradizionale teoria sull’integrazione proteica.


Glossario
Aminoacidi. I costituenti fondamentali delle proteine. Un gruppo di acidi organici contenenti azoto che quando si legano in catene formano le proteine.
Anabolismo. Il ciclo del metabolismo umano che presiede alla costruzione dei tessuti. Una sostanza anabolica è una sostanza che fa crescere il corpo.
Anticatabolico. Che previene il catabolismo; ossia la distruzione del corpo o di alcune sue parti.
Azotato. Sostanze, composti o miscele che contengono azoto.
Bioattivo. Che ha un effetto su un organismo vivente.
Caseina micellare. La forma naturale delle proteine della caseina come si trovano nel latte – la forma non denaturata della caseina (non ottenuta per estrazione chimica). I micella stessi sono grosse molecole insolubili che rimangono in sospensione nel latte. Varie sono le proteine della caseina che vanno a costituire le strutture dei micella, ossia la caseina alfa 1, alfa 2, beta, kappa. La funzione principale dei micella del latte è apportare le sostanze nutritive, soprattutto minerali, in una forma altamente biodisponibile; ad ogni modo sono presenti pure le frazioni ed i peptidi bioattivi, per esempio i glicomacropeptidi (GMP) e la kappacina. Di queste sostanze si sa che proteggono dalle tossine, dai batteri e dai virus; inoltre possono modulare il sistema immunitario.
Caseina. La proteina più importante tra quelle contenute nel latte. Il latte di mucca ne contiene circa l’80%. Separata dal latte per mezzo di processi chimici di estrazione, è una proteina denaturata (i micella sono distrutti). È impiegata nell’industria casearia.
Caseinato. Una forma neutralizzata di caseina, solitamente ottenuta facendo reagire la caseina acida con una sostanza basica, per esempio l’idrossido di sodio.
Catabolismo. Il ciclo del metabolismo umano che presiede alla distruzione dei tessuti; metabolismo distruttivo.
Denaturare. Cambiare una proteina dalla sua struttura nativa e funzionale ad una conformazione diversa, variando in tal modo la sua funzione.
Frazioni proteiche. Un termine ampiamente diffuso per distinguere una proteina specifica da un gruppo di proteine che le è solitamente associato. Ad esempio, la lattoferrina è una proteina presente nel gruppo di proteine del siero del latte. La lattoferrina sarebbe una frazione proteica del siero del latte.
In vivo. Eseguito su organismi viventi o su cellule vive.
Meccanismo di assorbimento competitivo. Si riferisce al meccanismo per mezzo del quale una sostanza nutritiva viene assimilata dal corpo attraverso le pareti intestinali. Alcuni meccanismi permettono di avere un assorbimento libero dei nutrienti mentre altri sono competitivi e pertanto l’assorbimento stesso è minore e per vie che lo contrastano. Un meccanismo che può avere ripercussioni sull’assimilazione degli aminoacidi.
Metabolizzare. Sottoporre al processo per mezzo del quale una particolare sostanza è processata dal corpo.
Ossidazione. Una reazione chimica durante la quale una sostanza viene cambiata aumentandole la carica elettronegativa o aggiungendo ossigeno o usando l’ossigeno per sottrarle alcuni atomi di idrogeno. Questo si verifica con gli aminoacidi al fine di soddisfare il fabbisogno energetico dell’apparato contrattile dei muscoli.
Peptidi. Qualsiasi combinazione di due o più di due aminoacidi, che non costituiscono una proteina, legati insieme per mezzo di legami ammide. Parti di proteina prodotti spezzandone i legami chimici.
pH. La scala di misurazione per la concentrazione di ioni idrogeno. Un pH al di sotto di 7 indica un ambiente acido, sopra basico.
Postprandiale. Dopo un pasto.
Proteine del siero. Il gruppo di proteine del latte che rimane disperso nell’acqua con un pH più ampio. Di solito il termine si riferisce alle proteine che rimangono nel siero del latte dopo che il caglio è stato estratto dal latte nella produzione casearia.
Ritenzione azotata. Un termine usato per descrivere la quantità di azoto trattenuta dal corpo dopo un numero specificato di ore.
Sintesi proteica. La produzione di proteine.
Splancnica. Attinente al fegato e alle viscere.

IL MONDO DEI PROBIOTICI

In che modo i batteri buoni possono migliorare la salute e mettervi in condizione di guadagnare massa muscolare.

di Jerry Brainum
Articolo pubblicato su olympian's News / Iron Man edizione italiana 14-12-2005
 

Eli Metchnikoff non può essere certo definito un medicastro. Lo scienziato di origine russa scoprì la fagocitosi, ovvero il processo con cui le cellule immunitarie circondano gli organismi invasori, osservandolo direttamente in una stella di mare che aveva raccolto sulla spiaggia nel1883. 

Metchnikoff passò a dirigere il reparto di ricerca del prestigioso Pasteur Institute di Parigi. Nel 1908 vinse il Premio Nobel di Medicina per la sua ricerca nel campo dell’immunologia, e spesso è chiamato il padre dell’immunologia. Negli ultimi anni della sua vita Metchnikoff osservò che in Russia molte persone si mantenevano forti e sane nella vecchiaia. Lo scienziato attribuì questo fatto all’abitudine dei russi di mangiare prodotti di latte fermentato, altrimenti detti yogurt. 

Sapendo che questi prodotti contenevano batteri, Metchnikoff ipotizzò che mangiare quelli che lui chiamava batteri “buoni” impediva ai batteri “cattivi” di prendere il sopravvento nei recessi profondi del corpo. 
Infatti, Metchnikoff credeva che la chiave della longevità implicasse il mantenimento di un ambiente interno favorevole nell’intestino, prevenendo la putrefazione indotta dai batteri cattivi.

Dall’epoca di Metchnikoff la scienza ha appreso molte altre cose riguardo i vantaggi per la salute associati al mantenimento di un equilibrio salutare di batteri nel corpo. I numeri stessi sono sorprendenti: nell’intestino crasso si trovano trilioni di batteri buoni di 300-500 specie diverse 1. Gli scienziati dicono che il numero di questi batteri è 10 volte maggiore di quello delle cellule del corpo umano. L’ambiente intestinale è dinamico. Proprio come la società umana è composta di cittadini buoni e cittadini cattivi, così lo è l’intestino, se non che i “cittadini” sono i batteri. I batteri buoni sono chiamati probiotici, cioè “per la vita”, e quelli cattivi sono chiamati antibiotici, cioè “contro la vita”. 
La maggiorparte delle persone si rende conto dei vantaggi per la salute apportati dai probiotici solo quando assumei farmaci antibiotici.

Gli antibiotici possono essere dei salva vita, però uccidono sia i batteri buoni sia quelli cattivi.  Quando un farmaco distrugge abbastanza batteri probiotici, o buoni, spesso compaiono i sintomi attribuiti agli antibiotici. Il sintomo principale è la diarrea che si verifica perché i probiotici non stanno tenendo sotto controllo i batteri cattivi nell’intestino. 
Quando i farmaci antibiotici distruggono tutti i batteri, spesso i batteri cattivi ritornano per primi. Il corpo risponde cercando di sbarazzarsi dello squilibrio batterico, di qui la diarrea. Oggi, i probiotici, incluso il lactobacillus che converte i carboidrati in acido lattico, sono disponibili più direttamente negli alimenti e negli integratori a base di latticini. Un altro probiotico primario è il bifido bacterium. Altri due probiotici comuni sono lo Streptococcus thermophilus e i saccharomyces, quest’ultimi non sono batteri bensì lieviti. La composizione dei batteri dentro il corpo è influenzata da fattori diversi: età, stato immunitario, stress, assunzione di alcol. Anche certi carboidrati indigeribili, noti collettivamente come prebiotici, influenzano positivamente sia la salute complessiva sia la popolazione batterica nell’intestino. I probiotici ci mantengono sani attraverso meccanismi diversi. 

Ci difendono dagli agenti patogeni, ovvero gli organismi che causano malattie, producendo sostanze antimicrobiche come le citochine e l’acido butirrico. Entrambi aumentano l’acidità dell’intestino, rendendolo inospitale per i batteri invasori o potenzialmente pericolosi 2.  
I probiotici competono anche con i batteri patogeni per i siti di legame e i siti recettori, proprio come il farmaco Nolvadex blocca i siti cellulari di legame per gli estrogeni. I probiotici sono una seconda linea di difesa per la risposta immunitaria perché aiutano a mantenere la barriera mucosa dell’intestino che impedisce l’invasione degli organismi. Se questa linea di difesa è compromessa, può derivarne una malattia grave oppure la morte. Per qualificarsi come probiotici veri, i batteri devono svolgere un effetto positivo sull’ospite, cioè voi. Devono sopravvivere alle barriere formidabili contro l’assorbimento, come il contenuto altamente acido dello stomaco e gli effetti degradanti della bile. 

Devono essere ingrado di aderire al rivestimento dell’intestino crasso e di influenzare favorevolmente l’equilibrio microbico dell’intestino. Alcuni studi mostrano che i probiotici veri svolgono molti effetti protettivi. Si oppongono a un batterio cattivo chiamato Helico-bacter pylori che causa l’ulcera ed è coinvolto nel cancro gastrico 3. Mantenere un equilibrio microbico favorevole aiuta a prevenire malattie come diarrea del viaggiatore, malattie infiammatorie dell’intestino, sindrome dell’intestino irritabile e la diarrea da rota virus frequente nei bambini 4. I probiotici possono prevenire ilgonfiore derivante dal mangiare o troppo cibo o cibo cattivo in qualsiasi quantità. Gran parte del gonfiore è causato dai gas rilasciati dai batteri cattivi nell’intestino. Questi stessi batteri causano l’alitosi, o alito cattivo, che può essere attenuata assumendo i probiotici. Aumentando l’acidità dell’intestino, i probiotici favoriscono la moti-lità intestinale, ovvero ilmovimento del cibo attraversol’intestino. A sua volta, la motilità intestinale favorisce un maggiore assorbimento di nutrienti e previene la costipazione 5.  

I probiotici aumentano l’immunità non solo aiutando a mantenere la barriera mucosa vitale dell’intestino,  ma anche producendo le citochine, le proteine che attivano le cellule immunitarie, inclusi i macrofagi, che divorano e digeriscono gli organismi invasori, e le cellule killer naturali T, che attaccano i virus e i tumori incipienti nel corpo. Alcune prove preliminari mostrano che i probiotici aiutano a prevenire il cancro. In uno studio, il lactobacillus acidophilus ha bloccato il cancro del colon nei topi. In alcuni studi sugli animali, altre famiglie di probiotici hanno bloccato il cancro del colon, del fegato, dell’intestino tenue e della mammella. Alcune ricerche mostrano che i probiotici sembrano prevenire il ritorno del cancro vescicale nell’uomo. Recentemente è stato provato un effetto positivo dei probiotici contro le malattie cardiovascolari. Una famiglia di probiotici chiamati Lactobacillus reuteri ha diminuito del 38% e del 40% rispettivamente i livelli di colesterolo totale e di trigliceridi ematici, aumentando al contempo del 20% il rapporto HDL-LDL dopo solo una settimana. 

Altri studi mostrano che i probiotici possono abbassare la pressione ematica alta. Le persone che, quando mangiano latticini, sperimentano sintomi negativi possono essere contente di apprendere che i probiotici aiutano a disgregare e a digerire il lattosio, o zucchero del latte, producendo l’enzima lattasi che digerisce il lattosio. Ciò spiega come le persone che non riescono a bere il latte senza sperimentare gonfiore e disturbi gastro intestinali possono mangiare tranquillamente lo yogurt oppure altri prodotti di latte fermentato. I probiotici presenti nello yogurt disgregano il lattosio prima che causi problemi. I probiotici producono acidi grassi a catena corta come il butirrato, il propionato e l’acetato. Queste sostanze agiscono da carburante per le cellule che rivestono l’intestino e sembrano proteggere dai cambiamenti cellulari mutageni che possono provocare il cancro. Ricerche recenti indicano che i probiotici possono essere un supplemento utile alla terapia per la malattia maniaco-depressiva. Le persone che soffrono di questa patologia hanno livelli elevati di citochine pro infiammatorie, un maggiore stress ossidativo e una funzione gastrointestinale alterata. Hanno un minore assorbimento di nutrienti e spesso sono carenti di acidi grassi omega 3. Cosa più importante, di solito hanno anche una crescita eccessiva di batteri nell’intestino tenue, fatto che limita l’assorbimento di nutrienti. Le persone affette dalla malattia maniaco-depressiva sperimentano anche livelli più alti di stress, e sappiamo che questo diminuisce i livelli dei batteri buoni. 

 Si tratta di una cosa importante perché un effetto dei probiotici è modificare la risposta immunitaria; nelle persone depresse la risposta immunitaria non funziona. I probiotici riducono i livelli delle citochine infiammatorie, diminuiscono lo stress ossidativo mediante l’attività antiossidante e migliorano l’assorbimento dei nutrienti riducendo i livelli dei batteri intestinali cattivi. Alcune ricerche mostrano che i livelli di probiotici del corpo sono influenzati dal tipo di grassi che mangiate. Per esempio, una ricerca mostra che gli acidi grassi omega 6, presenti in molti oli vegetali, inibiscono la crescita dei batteri probiotici. I grassi omega 6 sono anche agenti infiammatori potenti nel corpo e sono associati allo sviluppo del cancro e a reazioni ossidative incontrollate. Invece, gli acidi grassi omega 3, presenti, fra gli altri, negli oli di pesce, favoriscono la crescita dei probiotici, diminuiscono l’infiammazione e favoriscono l’adesione dei probiotici alla parete intestinale, cosa essenziale per la loro funzione. La combinazione di probiotici e omega 3 può favorire effetti positivi sulla salute mentale. Una domanda frequente è se sia meglio assumere i probiotici dal cibo intero oppure in forma di integratori alimentari. 

Alcuni scienziati preferiscono la strada del cibo per ragioni di sinergia. Per esempio, mangiare le proteine del siero del latte favorisce l’assorbimento dei probiotici da parte del corpo; ora alcuni integratori di proteine del siero contengono dei probiotici, e ciò è sensato dal punto di vista alimentare. L’assorbimento dei probiotici è favorito anche dall’effetto tampone contro i succhi gastrici che si verifica quando si immette cibo nello stomaco. Per ottenere i benefici dei probiotici nell’alimentazione, dovreste bere 1 litro circa per giorno di latte contenente il Lactobacillus acidophilus. Ricordate che gli effetti dei probiotici sono transitori; i probiotici non rimangono molto tempo nel corpo e sono espulsi con altri batteri. Dunque dovete assumerli regolarmente. Assumere molte famiglie di probiotici integrativi dovrebbe aiutarvi a ottenerne facilmente livelli giovevoli. La questione se i probiotici siano in qualche modo tossici ha senso, perché stiamo parlando di batteri e lieviti 6. Alcuni studi indicano che una persona con immunità compromessa deve stare attenta quando usa i probiotici perché possono provocare una stimolazione immunitaria eccessiva. I prebiotici, che sono carboidrati indigeribili che favoriscono la fermentazione batterica e la crescita probiotica, possono causare problemi semplicemente perché non possono essere digeriti 7. 

Una dose eccessiva di prebiotici può attirare acqua nell’intestino e provocare gas in eccesso, gonfiore, dolore addominale e diarrea. Forse il problema principale con i probiotici è che potreste non ricevere quello che pagate. In uno studio presentato al meeting annuale dell’American Society for Microbiology nel 2001, alcuni scienziati belgi hanno parlato di 55 prodotti probiotici in commercio. Nell’esame erano inclusi 25 integratori di latticini e 30 prodotti in polvere. Più di un terzo dei prodotti in polvere non conteneva batteri vivi mentre tutti i prodotti liquidi li contenevano. Tuttavia, solo il 13% degli integratori conteneva tutte le famiglie elencate sull’etichetta. Un terzo degli altri prodotti conteneva batteri non elencati sull’etichetta che però non sono risultati dannosi. Gli integratori migliori sono i simbiotici, una combinazione liquida di prebiotici e probiotici a base dilatte. Conservate questi integratori in frigorifero per mantenerne intatta l’efficacia. Spesso i bodybuilder e gli altri atleti trascurano l’importanza di mantenere un sistema digestivo efficiente, come quello favorito dagli integratori probiotici. Però ammettiamolo: se soffrite di malattie gastrointestinali, è probabile che il vostro assorbimento di nutrienti sia compromesso. In questo caso, potete assumere gli integratori high-tech più costosi in commercio e non ottenere comunque alcun beneficio. I probiotici vi aiutano a mantenere un ambiente intestinale sano, favoriscono l’immunità, la salute e i guadagni di massa muscolare.

Riferimenti
1 Koop-Hoolihan, L. (2001). Prophylacticand therapeutic uses of probiotics: a review. JAm Dietetic Asso. 101, 229-238. 
2 Isolauri, E., et al. (2004). Probiotics. BestPractice and Res Clin Gastroentr. 18, 299-313. 
3 Zubillaga, M., et al. (2001). Effect ofprobiotics and functional foods and their usein different diseases. Nut Res. 21, 569-579. 
4 Rolfe, R. (2000). The role of probioticcultures in the control of gastrointestinalhealth. J Nutr. 130, 396S-402S. 
5 Guarner, F., et al. (2003). Gut flora inhealth and disease. Lancet. 361, 512-519. 
6 Marteau, P., et al. (2004). Tolerance ofprobiotics and prebiotics. J Clin Gastroente-rol. 38, S67-S69.7 Van Loo, J. (2004). Prebiotics promotegood health. J Clin Gastroenterol. 38 Supp. 2,S70-S75.