Sue Mosebar e Linda O’Byrne
I grassi idrogenati sono noti anche come: olio idrogenato, olio vegetale parzialmente idrogenato (PHO),
transgrassi, acidi grassi trans, margarina, margarina vegetale. Purtroppo molto spesso, a causa di una normativa troppo permissiva, sono nascosti dalla lista degli ingredienti e quindi anche per il consumatore attento è molto difficile scoprirne la presenza.
Che cosa sono? L’idrogenazione dei grassi è un processo
introdotto su grande scala negli anni ‘30 che si verifica durante il processo
di produzione per allungare la scadenza degli alimenti e migliorarne la
consistenza. Fondamentalmente, questi grassi sono scaldati ed esposti al gas idrogeno per cambiarne
la struttura e trasformarli in grassi idrogenati.
Dove si trovano comunemente? In molti alimenti al supermercato, specialmente
quelli raffinati (non sorprende) e quelli da forno, come biscotti e patatine.
In realtà, sono contenuti in circa il 40% degli alimenti presenti nel
supermercato. Gli alimenti già pronti sono notoriamente pieni di grassi
idrogenati. Questi grassi si possono trovare naturalmente in piccole quantità
anche nella carne di manzo e nel burro.
Potreste pensare che il nostro settore – salute e benessere – non
prenda neanche in considerazione l’uso di questi ingredienti mortali, ma non è
così. Benché non in quantità enormi, è comunque possibile trovare gli oli idrogenati
in molti frullati e polveri proteiche sostitutivi di pasto, così come nelle barrette di bassa qualità. Perciò, se state
usando uno di questi pasti istantanei, fatevi un favore e controllate l’etichetta,
attentamente, prima di prepararvi il prossimo frullato o pensare di mangiare una barretta. Potreste restare
sorpresi.
Perché fanno male? Sorprendentemente, in passato i transgrassi
erano considerati più sicuri dei grassi saturi e li dovevano sostituire. Adesso
sappiamo che non è assolutamente così. A causa dei loro effetti negativi sui
livelli di colesterolo ematico. Cioè, aumentano il colesterolo LDL (cioè
cattivo) e abbassano il colesterolo HDL (cioè buono), bloccando le arterie.
Perciò, possono causare decine di migliaia di attacchi cardiaci ogni anno (13). Hanno anche mostrato di interferire con le funzioni degli acidi
grassi essenziali. Favoriscono la resistenza all’insulina, aumentando il
rischio di diabete tipo 2 (14). E poi hanno contribuito innegabilmente all’epidemia dilagante di obesità (15).
Adesso le leggi sulle etichette stanno
cambiando e almeno i transgrassi devono essere indicati fra i valori
nutrizionali. Però non fermatevi alla colonna dei transgrassi! Dovete comunque
leggere l’elenco degli ingredienti a causa di una piccola scappatoia. Vedete,
alcuni prodotti dicono di contenere zero grammi di transgrassi, però leggendo l’elenco
degli ingredienti, è comunque indicato l’olio parzialmente idrogenato. Questo
perché, secondo le regole FDA, se la porzione contiene meno di 0,5 g, l’azienda
può indicare zero transgrassi nell’etichetta. Questi grassi finti non hanno
nessun valore nutrizionale.
Recentemente l’FDA ha detto che non esistono livelli “sicuri”
di transgrassi. Questo però non li tiene fuori dagli alimenti: negli USA ed in Europa, dove l’assunzione
media stimata di transgrassi è circa 12 g al giorno.
Altri dicono che l’1% o meno delle calorie dovrebbe provenire dai transgrassi.
Ovvero la quantità presente naturalmente negli alimenti. Assumerne di più
aumenta il rischio di cardiopatia. Noi suggeriamo di evitare come la peste tutti i prodotti di natura industriale che li contengono!
BIBLIOGRAFIA SCIENTIFICA
13) Willett WC, Ascherio A. Trans
fatty acids: Are the eff ects only marginal? Am J Public Health 1994;
84:722-724.
14) Salmeron J, Hu FB, Manson JE,
Stampfer MJ, Colditz GA, Rimm EB, Willett WC. Dietary fat intake and risk of
type 2 diabetes in women. Am J Clin Nutr. 2001 Jun;73(6):1019-26.
15) ASCN/AIN Task Force on Trans
Fatty Acids. Position paper on trans fatty acids. ASCN/AIN Task Force on Trans Fatty
Acids. American Society for Clinical Nutrition and American Institute of
Nutrition. Am J Clin
Nutr. 1996 May;63(5):663-70.
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