di Jerry Brainum
Il coenzima Q10 non è considerato una vitamina e neanche un
nutriente essenziale dato che il corpo umano può produrlo a partire da due
aminoacidi, tirosina e fenilalanina. Il processo richiede la presenza di
piridossina, o vitamina B6. Alcuni studi mostrano che, invecchiando, il fegato
(in cui il coenzima è sintetizzato) riesce a produrre meno Q10.
Altri studi mostrano che un integratore di Q10 può aiutare
a curare malattie legate all’invecchiamento, come il morbo di Parkinson e lo
scompenso cardiaco congestizio. Il Q10 protegge contro il Parkinson perché
fornisce potenti effetti antiossidanti nel cervello. Una teoria
sostiene che la causa della malattia sia un eccesso di ferro accumulato nel
cervello, che causa reazioni ossidative. Nella substantia nigra cerebrale,
l’area in cui è prodotto il neurotrasmettitore dopamina, le reazioni
ossidative in eccesso distruggono selettivamente i neuroni, ma sembra che
grandi dosi di Q10 smorzino questa ossidazione fuori controllo, proteggendo le
cellule cerebrali coinvolte.
Il Q10 agisce nei mitocondri cellulari favorendo il
trasporto degli elettroni; ciò significa che è coinvolto nella sintesi
dell’adenosina trifosfato (o ATP), la fonte di energia immediata per tutte le
cellule corporee. Tuttavia, dato che servono grandi quantità di ossigeno per
produrre l’ATP, è inevitabile che si creino più radicali liberi,
sottoprodotti del metabolismo dell’ossigeno formati da elettroni spaiati che
tendono a combinarsi con altri elettroni, provocando molti danni. Grazie alla
sua azione antiossidante, il Q10 previene i danni dei radicali liberi alle
parti sensibili della cellula, compresa la membrana e la parte più interna dei
mitocondri. Questo ha implicazioni enormi per la protezione della salute di
molte cellule e tessuti.
Si pensa che il Q10 sia utile per la cura dello scompenso cardiaco congestizio
grazie al suo ruolo nella produzione di ATP perché la malattia causa un
collasso parziale delle cellule del cuore, che non riescono a produrre abbastanza
energia da sostenere completamente l’attività cardiaca. Sembra, però, che la
somministrazione di integratori di Q10 a malati di cuore potenzi la debole sintesi di ATP nei cuori colpiti dalla
malattia.
Un altro uso del Q10 nell’ambito delle malattie cardiovascolari è legato alla
diffusione dell’uso di statine per ridurre i lipidi ematici alti: le statine
smorzano un enzima che produce il colesterolo nel fegato, ma il meccanismo
usato per questo processo è lo stesso che porta alla formazione di Q10, quindi
chi assume questi farmaci può sviluppare una carenza del coenzima. Uno dei
segnali è la miopatia, o distruzione delle cellule muscolari. Sembra che associare
le statine con un integratore di Q10 possa risolvere il problema.
L’uso del Q10 in ogni cellula del corpo ha portato a chiamarlo ubiquinone,
perché è ubiquo, cioè si trova ovunque. Il Q10 è concentrato soprattutto
nelle ipoproteine a bassa densità (LDL), il principale trasportatore del
colesterolo nel sangue. Benché si ritenga che un aumento delle LDL sia un
forte fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, in realtà queste
proteine sono pericolose solo quando sono ossidate. La funzione del Q10 nelle
LDL è prevenirne l’ossidazione.
Tuttavia, quando questo avviene il Q10 è la prima parte
delle LDL a essere ossidata, quindi, in questo senso, può essere visto come la
prima linea difensiva contro l’ossidazione delle LDL. Inoltre, quando altri
antiossidanti alimentari (come le vitamine C ed E) si ossidano, si convertono
anch’essi in ossidanti, ma se è presente anche un livello sufficiente di Q10,
il coenzima li riconverte in antiossidanti, donando loro un elettrone.
Dal punto di vista atletico, la ricerca sul Q10 ha avuto
esiti paradossali, con alcuni studi che hanno mostrato effetti positivi e altri
in cui i benefici erano minimi o nulli. Uno dei problemi degli integratori di
Q10 è che il corpo ha difficoltà ad assorbirli. Di solito ne assorbe solo il
10% circa e maggiore è la dose assunta, minore è la percentuale di
assorbimento. Formule più nuove come l’ubiquinolo, una forma ridotta di
ubiquinone, hanno un assorbimento 7 volte maggiore degli integratori standard,
ma costano quasi il doppio. Alcuni studi suggeriscono che l’ubiquinolo sia
migliore per chi ha più di 40 anni perché, come abbiamo detto, è all’incirca
da quell’età che la produzione di Q10 si riduce e, inoltre, l’ubiquinolo è
assorbito più facilmente.
Una meta-analisi (cioè un esame di studi già pubblicati)
sull’uso ergogenico (o atletico) del Q10 ha scoperto che 6 studi hanno
riscontrato dei benefici, mentre 5 non ne hanno trovato alcuno. In un altro
studio, soggetti maturi hanno assunto una dose di 300 mg di integratore di Q10
al giorno, per un mese. Biopsie muscolari hanno mostrato che, negli adulti che
hanno assunto Q10, l’espressione genetica nei muscoli ha subito alcune
variazioni che hanno portato a una conversione delle fibre muscolari a
contrazione lenta in fibre a contrazione rapida. Questo è interessante perché
le fibre a contrazione rapida forniscono la maggior parte della forza e della
massa muscolare.
Con l’età e la carenza di attività fisica, questo tipo di
fibre si riduce e le fibre a contrazione lenta, più deboli, prendono il
sopravvento. Quindi, favorire le fibre a contrazione rapida aiuterebbe a
preservare la forza e la mobilità negli individui maturi.
E chi ha meno di 40 anni? Gli integratori di Q10 offrono
anche a loro benefici atletici o muscolari? Un nuovo studio ha esaminato la
questione1. A differenza degli studi precedenti sugli effetti ergogenici del
Q10, questo ha preso in esame l’attività fisica ad alta intensità: in particolare
un gruppo di atleti allenati ha corso lungo la strada montuosa più scoscesa
d’Europa. È difficile allenarsi a un’intensità maggiore perché il percorso
era lungo 50 km, più di una maratona su 42 km e, in più, in salita! I
corridori hanno assunto il Q10 o un placebo. L’obiettivo era vedere se gli
integratori di Q10 riducevano il danno muscolare dovuto all’ossidazione e
all’infiammazione in eccesso.
Invece di assumerne 1 o 2 dosi più abbondanti, gli atleti
ne hanno ingerito una dose ridotta, solo 30 mg, 2 giorni prima della corsa
insieme alla cena, 3 capsule con ognuno dei 3 pasti il giorno prima della gara,
una il giorno dell’evento e una un’ora prima di sottoporsi a un test fisico. È
probabile che le dosi ridotte abbiano migliorato l’assorbimento. Inoltre, anche se lo studio non ne parla, il Q10 va assunto
insieme a un pasto ricco di grassi per garantirne l’assorbimento.
I risultati hanno mostrato che il gruppo Q10 aveva livelli
inferiori di creatinina, un marcatore del danno muscolare dopo l’attività
fisica. Benché il Q10 non abbia modificato molto i lipidi ematici rispetto al
placebo, ha aumentato leggermente i trigliceridi; durante l’attività fisica
prolungata questo ha effetti ergogenici perché fornisce energia e, inoltre,
aiuta a preservare le limitate riserve di glicogeno muscolare.
Sembra che il Q10 abbia anche ridotto notevolmente le
reazioni ossidative, prevenendo i danni alle membrane cellulari e questo, a sua
volta, riduce l’indolenzimento muscolare dopo l’attività fisica. Inoltre, il
Q10 ha smorzato l’attività dell’ossido di azoto (ON) che, durante l’allenamento,
aumenta il diametro dei vasi sanguigni e, quindi, il trasporto di sangue e
ossigeno verso i muscoli allenati. In grandi quantità, però, l’ON si converte
in radicale libero, danneggiando le cellule e, in particolare, il DNA. In
questo studio, il Q10 ha protetto contro i danni al DNA indotti da alti livelli
di ON.
Un forte stress ossidativo, come quello risultante
dall’attività fisica ad alta intensità, induce anche un grande rilascio di
citochine infiammatorie, proteine collegate alla funzione immunitaria che, in
molti casi, favoriscono l’infiammazione. Sappiamo che l’infiammazione muscolare
eccessiva causa la disgregazione dei muscoli, tanto che si ritiene che
l’aumento di una delle citochine infiammatorie, il fattore di necrosi tissutale-alfa
(TNF-a), sia una delle prime cause della perdita muscolare legata
all’invecchiamento. Il TNF-a aumenta con l’infiammazione corporea, che è più
comune negli anziani.
Lo studio mostra che il Q10 ha smorzato l’attività delle
citochine infiammatorie e, soprattutto, del TNF-a, attenuando il rilascio del
fattore nucleare kappa-B, che stimola la secrezione di queste citochine nel
corpo.
Quindi, se vi allenate intensamente, un integratore di Q10
può aiutarvi a ridurre il danno muscolare e l’infiammazione, soprattutto se
avete più di 40 anni perché è da quell’età che il corpo sintetizza meno
Q10. Potete ricavare piccole quantità di Q10 da alimenti come carne, pesce e
uova, ma in media la dose proveniente dalla sola dieta è di circa 10 mg al
giorno. Per lo sport, ne servono 100-300 mg al giorno in dosi separate, sempre
assunte con una fonte di grassi.
Riferimenti:
1 Diaz-Castro, J., et al. (2012). Coenzyme Q10 supplementation ameliorates
inflammatory signaling and oxidative stress associated with strenuous exercise.
Eur J Nut. In press.
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