di Jerry Brainum
Perdere grasso
corporeo è un proposito di facile attuazione: dovete semplicemente assimilare
meno macronutrienti di quanti ne utilizzate per le vostre funzioni metaboliche.
Tutte le diete che riescono a darvi risultati positivi, indipendentemente dalle proporzioni di
macronutrienti, sono basate su questo semplice principio fisico-metabolico. In
pratica, comunque, molti altri fattori entrano in questo quadro. Alcuni esempi
includono lo stato ormonale, così come il fatto di essere o meno insensibili
all’insulina o di avere o meno uno stato ottimale dell’ormone tiroideo. Un altro
esempio è costituito da come i vostri adipociti rispondono alla stimolazione
simpatica dell’ormone, che promuove il rilascio delle cellule adipose e l’ossidazione
del grasso. Molte persone che hanno troppo grasso corporeo presentano un’attenuazione
della risposta simpatica, così come succede anche alle persone oltre i 40 anni.
Poiché una
diminuzione della quantità totale di cibo giornaliera è la pietra angolare di
ogni piano di perdita di peso, dovete anche prendere n considerazione le vostre
fonti energetiche. Il grasso alimentare è la fonte di energia più concentrata. Perciò,
la maggior parte dei dietologi di mainstream suggeriscono che i grassi
alimentari sono la fonte più spendibile. Inoltre, i grassi saturi offrono pochi
benefici nutrizionali, mentre sono collegati all’insorgere di patologie
cardiovascolari. Ma la verità spesso trascurata per quanto concerne l’esperienza
del mondo reale, è che le persone non divengono grasse solo per mangiare troppi
grassi alimentari, ma anche troppi carboidrati. Potete mangiare una
significativa quantità di grassi e non divenire grassi se fate esercizio fisico
e ingerite quantità relativamente contenute di carboidrati. Questa è la base di
diete popolari come il piano ipoglucidico di Atkins. Ma se aggiungete un’elevata
assunzione di grassi ad un’elevata assunzione di carboidrati, come avviene con
la maggior parte delle persone obese, il risultato finale è un incremento dei
livelli di grasso corporeo.
Qualche anno fa, ho
discusso come si ritenga che l’idrossicitrato agisca come un tipo di bloccatore
dei carboidrati, nel senso che inibisce un enzima che converte i carboidrati in
grasso. Il problema con l’idrossicitrato è che non ha alcun effetto diretto
sull’assunzione di grasso. Oggi le aziende di integratori e anche quelle farmaceutiche propongono un altro
integratore che è reputato essere un potente bloccatore di grasso: il
chitosano. Vero? Falso? Vediamo…
Che cos’è il chitosano?
Il chitosano è un
tipo di fibra alimentare ricavato dalla chetina, che a sua volta è ricavata dal
guscio dei crostacei. La chetina in sé è un complesso di proteine e zuccheri
che una volta era considerato un prodotto di scarto dell’industria dei
crostacei. Ma quando si scoprì che il chitosano mostrava rimarchevoli capacità
di assorbimento di olio e grasso, trovò una nicchia nelle applicazioni industriali
come mezzo per assorbire via l’unto.
Questa proprietà non
sfuggì all’attenzione dell’industria alimentare naturale che cominciò a
commercializzare il chitosano come un “bloccatore di grassi”. La ragione per
cui il chitosano riesce ad attrarre le particelle di grasso è che è un composto
a carica positiva, mentre il grasso è a carica negativa. Questa differenza
elettrochimica fa aderire il grasso al chitosano. Alcuni studi mostrano che il
chitosano può assorbire dalle 4 alle 6 volte il suo peso in grassi, incluso il
colesterolo, che non è tecnicamente un grasso. Perciò, per ogni grammo di chitosano
ingerito, dovreste prevenire l’assorbimento di 4-6 grammi di grasso. L’ovvio
ammonimento qui è che il chitosano, per agire con efficacia, deve essere
consumato prima del consumo di grasso.
Questo significa che
dovete ingerire il chitosano o insieme ad un pasto grasso o subito prima. A
causa della sua abilità a legare acidi biliari – il che dovrebbe avere un’azione
di abbassamento del colesterolo – il chitosano agisce come una fibra solubile.
D’altra parte, il corpo lo tratta come una fibra insolubile, nel senso che non
viene digerito e per la maggior parte finisce per essere espulso dal corpo. Se
le cose vanno come previsto, il chitosano dovrebbe portar via con sè anche
qualche grasso fuori dal corpo .
Gli originari studi
sul chitosano coinvolgevano topi e prendevano in esame la capacità del composto
di abbassare il colesterolo. Tutti questi studi hanno indicato che il chitosano
abbassa effettivamente il colesterolo, almeno nei roditori. Un problema con questi
studi sugli animali è che le dosi di chitosano somministrate agli animali erano
di gran lunga maggiori di quelle che qualunque essere umano potrebbe probabilmente
ingerire. Quando lo stesso tipo di studi si focalizzava sugli esseri umani, il
calo del colesterolo era ben più modesto, sebbene molti soggetti presentassero
un calo nel potenzialmente pericoloso colesterolo da lipoproteine a bassa
densità (LDL).
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Articolo tratto da OLYMPIAN'S NEWS n° 89 pagg 35-40. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati. Clicca qui per abbonarti!
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