30 ottobre 2012

Creatina e performance del cervello

di Jerry Brainum

Probabilmente la creatina è l’integratore per il bodybuilding più popolare sul mercato perché se correttamente assunta funziona praticamente a tutti. Nel muscolo, la creatina agisce da riserva per rendere certa la continuazione della sintesi di adenosina trifosfato (ATP), la fonte energetica immediata per la contrazione muscolare. Vista la sua funzione nella produzione energetica è comprensibile che la creatina possa aiutare altre strutture nel corpo, oltre al muscolo, che hanno bisogno di usare molta energia.

Un buon esempio di succhiatore di energia è il cervello. Uno studio pubblicato qualche anno fa ha scoperto che usare un integratore di creatina monoidrata orale aumenta la quantità di creatina presente nel cervello. La domanda è: questo aumento della creatina alimentato dagli integratori aiuta la funzione cerebrale? La ricerca indica una nuova terapia emergente che usa la creatina per curare varie malattie neuromuscolari, alcune delle quali coinvolgono l’attività cerebrale. Ma è anche un nutriente che aiuta le persone con un’intelligenza normale a usare meglio il cervello, in parole povere, la creatina è un “nutriente intelligente”?

Uno studio pubblicato da poco offre un’indicazione stimolante sulla capacità della creatina di aiutare la funzione cerebrale nelle persone normali. Lo studio è stato eseguito su 19 uomini e 5 donne, età media 24 anni, che hanno assunto o un placebo o 8 g al giorno di creatina monoidrata per 5 giorni. Lo studio era a doppio cieco con controllo placebo, che significa che inizialmente né i ricercatori né i soggetti sapevano chi stava assumendo la creatina. I soggetti hanno eseguito più volte un semplice calcolo matematico. Quelli che hanno assunto la creatina hanno eseguito il calcolo in modo più efficiente e con meno affaticamento mentale rispetto a quelli del gruppo placebo. Inoltre, i soggetti del gruppo creatina hanno mostrato un maggiore trasporto dell’ossigeno al cervello e ciò può essere stato il motivo dell’aumento della funzione mentale.

Molti farmaci cosiddetti “intelligenti” sono considerati funzionare aumentando la circolazione del sangue nel cervello e creando un migliore trasporto dell’ossigeno ai neuroni al lavoro nel cervello.

Secondo uno studio sugli animali, la creatina può anche aiutare a prevenire una delle più temibili malattie cerebrali: l’Alzheimer. Lo studio ha mostrato che la creatina nel cervello preveniva gli effetti tossici sia del beta-amiloide, una proteina prodotta in eccesso nel morbo di Alzheimer, sia del glutammato, un amminoacido a volte collegato al danno cerebrale. In questo caso la creatina può agire come un tampone energetico per mantenere la normale funzione cellulare nel cervello.

Un altro studio, più aneddotico, suggerisce che la creatina può aiutare la cura del virus dell’herpes e di altre infezioni virali. Nell’articolo, un medico militare che ha curato i Marines di Camp Pendleton in California descrive la sua esperienza di cura dei Marines affetti da herpes. Mentre curava i soldati con le cure standard, come l’aciclovir, che non uccide il virus ma impedisce la sua proliferazione, notò che i Marines che usavano la creatina come integratore alimentare dicevano tutti che il loro herpes era sparito.

Le cure attuali non distruggono il virus dell’herpes ma inibiscono soltanto la sua replicazione. Fra gli attacchi, il virus dell’herpes si nasconde nei neuroni e ciò spiega perché il forte stress spesso può tradursi nella comparsa dell’herpes. Una versione sintetica della creatina detta ciclocreatina è nota per inibire la replicazione di tutti i tipi di herpes virali. Alcuni teorizzano che usare la creatina con i farmaci standard per l’herpes, come l’aciclovir, possa aumentare l’efficacia dei farmaci per la cura dell’infezione.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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26 ottobre 2012

La glutammina è un aiuto ergogeno?

di Jerry Brainum

Alcuni dei benefici che la glutammina offre ai bodybuilder ed agli atleti di forza e potenza comprendono la massimizzazione della risposta immunitaria, la facilitazione della sintesi proteica muscolare attraverso un effetto di idratazione cellulare e la facilitazione del ripristino delle riserve muscolari di glicogeno esaurite attraverso l’attività fisica ad alta intensità. Uno studio ha mostrato che la glutammina può favorire anche una marcata risposta di rilascio di ormone della crescita, soprattutto se assunta prima di coricarsi.

Il meccanismo per tutto ciò necessita di cambiamenti nell’equilibrio acido/basico del corpo. La maggiore acidità che si verifica durante l’attività anaerobica ad alta intensità, come i tipici allenamenti del bodybuilding, modifica l’attività degli enzimi muscolari coinvolti nella produzione energetica. Questa maggiore acidità muscolare è percepita come una sensazione di bruciore che di solito si verifica alla fine di una serie svolta utilizzando il sistema anaerobico lattacido; la sensazione di bruciore, derivante da una produzione di acido lattico superiore alla capacità di smaltimento dello stesso da parte del corpo, annuncia  la fine della serie. Dato che la glutammina può avere un’attività di tamponamento dell’acidità, qualcuno ha pensato che durante l’attività fisica anaerobica lattacida la glutammina possa produrre degli effetti ergogeni di incremento del lavoro prodotto.

Questa teoria è stata messa alla prova in uno studio recente che ha coinvolto 6 sollevatori di pesi. Un’ora prima dell’allenamento i soggetti hanno ingerito o la glutammina o un altro amminoacido, la glicina, con una dose di 0,3 mg per chilogrammo di peso corporeo. Alcuni dei soggetti invece hanno bevuto un placebo. La dose di glutammina era in media pari a 23 g. Poi i soggetti hanno fatto 2 serie di leg press fino all’incapacità totale, seguite da 2 serie di distensione su panca fino all’incapacità totale.

I risultati non hanno mostrato differenze nel numero di ripetizioni fatte dai tre diversi gruppi. Cosa interessante, anche se gli autori dello studio stavano lavorando sulla premessa che la glutammina possa dare dei benefici ergogeni attraverso la riduzione dei livelli di acidità muscolare indotti dall’attività fisica, poi non hanno misurato questi livelli nei soggetti del test. Dato che la glutammina non ha avuto effetti evidenti sull’aumento del lavoro prodotto, hanno pensato che i risultati parlassero da soli.

Nonostante la mancanza di effetti a breve termine della glutammina mostrata da questo studio, gli autori indicano che questi risultati non vanno ad inficiare i possibili benefici della glutammina per gli atleti che svolgono un’attività fisica regolare. Gli autori dicono che tutti gli altri effetti dimostrati della glutammina, come il rafforzamento del sistema immunitario, l’aumento del volume muscolare e un generale effetto anticatabolico nel muscolo, in particolare durante le fasi di recupero tra allenamenti e nel corso della notte, possono offrire benefici a lungo termine estremamente significativi.

Bibliografia: Antonio J, et al. The effects of high-dose glutamine ingestion on weightlifting performance. J Strength Cond Res 2002;16:157-160.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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23 ottobre 2012

Gli effetti antiossidanti della creatina

di Jerry Brainum

La creatina è senza dubbio uno degli integratori alimentari più efficaci. Sebbene la sua funzione principale sia servire da fonte di supporto del ripristino energetico per la sintesi di ATP nei muscoli, ha anche molte altre funzioni aggiuntive. Per esempio, la creatina può favorire l’eliminazione dell’acidità in eccesso nei muscoli, e ciò dovrebbe di per sé favorire il mantenimento della produzione energetica. Può anche essere coinvolta nell’effetto di volumizzazione della cellula, precursore dei processi anabolici cellulari, e può favorire la sintesi proteica muscolare.

Uno studio di qualche anno fa ha scoperto che la creatina può funzionare anche come antiossidante, proteggendo contro gli effetti distruttivi dei radicali liberi che sono prodotti costantemente durante il metabolismo dell’ossigeno.


Sebbene il corpo abbia dei meccanismi antiossidanti, come i sistemi del glutatione e del superossido dismutasi, a volte questi possono essere sopraffatti e noi abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile per proteggerci contro gli effetti nocivi dei radicali liberi. Lo studio ha scoperto in particolare che la creatina ha protetto in modo efficace contro l’assalto degli ioni acquei, una forma di radicale libero attiva in un ambiente acquoso come il sangue. La creatina è risultata invece  meno efficace contro i radicali liberi che attaccano le strutture grasse, ma per quello possiamo contare sugli antiossidanti liposolubili come la vitamina E e il beta-carotene che tutti gli sportivi dovrebbero assumere quotidianamente.

La notizia che la creatina ha un’attività antiossidante non è sorprendente quanto potrebbe sembrare di primo acchito. Uno dei precursori alimentari della sintesi della creatina nel corpo, l’amminoacido L-arginina, è di per se un antiossidante, anche se è un precursore immediato dell’ossido di azoto, un radicale libero che ha molti effetti positivi, compresa la stimolazione del tessuto erettile sessuale in entrambi i sessi. Quando confrontata con il glutatione, la creatina ha mostrato un’attività più debole, inducendo gli autori a dire che il suo ruolo come antiossidante è più di sostegno che primario.

D’altra parte, dato che la creatina si distribuisce in tutto il tessuto muscolare, può aiutare a proteggere le cellule muscolari dall’attività dei radicali liberi che si verifica durante l’attività fisica, riducendo la fatica muscolare e smorzando la disgregazione proteica. Quest’ultimo effetto è infatti dovuto allo stimolo dei radicali liberi di una sequenza di disgregazione muscolare conosciuta come il percorso dell’ubiquitina. L’effetto come antiossidante della creatina spiega anche perché può riuscire a curare alcune malattie neuromuscolari caratterizzate da un’ossidazione fuori controllo, comprese le malattie degenerative del cervello come la malattia di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica, detta anche morbo di Lou Gehrig.


Bibliografia: Lawler, J.M., et ali (2002). Proprietà antiossidanti dirette della creatina. Biochem, Biophysical Res Commun. 290, pp. 47-52.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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19 ottobre 2012

Carnitina e produzione energetica

di Stephen Adelè

La carnitina viene classificata come un amminoacido non essenziale, perché il nostro organismo la produce già in maniera naturale; è, comunque, necessaria al nostro cuore per funzionare in maniera efficiente, soprattutto durante un’attività fisica. La carnitina è stata reclamizzata come un “trasportatore di grassi”, necessaria, infatti, per trasportare gli acidi grassi dalle membrane cellulari nei mitocondri (produttori d’energia delle nostre cellule), dove vengono rilasciati ed utilizzati come fonte d’energia. Ma siccome la quantità necessaria di carnitina può essere maggiore di quella prodotta dall’organismo, viene considerata un nutriente “condizionatamente necessario”.

Come funziona

Almeno teoricamente, la carnitina è responsabile del trasporto degli acidi grassi dalle membrane cellulari nei mitocondri, che a loro volta li utilizzano come fonte primaria di energia. Proprio per questo motivo, si è capito che la supplementazione con carnitina può garantire l’utilizzazione (cioè, l’ossidazione) degli acidi grassi come fonte di energia. Comunque, alcuni esperti affermano che la carnitina non faccia aumentare la perdita di peso, ma piuttosto possa aumentare il rapporto tra la quantità di grasso e di muscolo persi, mantenendo così la massa muscolare ed incrementando la quantità di grasso bruciato. Come ho già detto, tutto ciò ha per ora soltanto basi teoriche, ma è sicuro che se i livelli di carnitina nell’organismo non sono ottimali, c’è il rischio di avere livelli di grassi nel sangue elevati, il che può interferire con la capacità di perdere grasso corporeo.

Cosa dice la scienza al riguardo?

Nonostante gli innumerevoli slogan pubblicitari che promuovono la capacità della carnitina di bruciare grassi per produrre energia, questi slogan devono ancora essere confermati da ricerche scientifiche. È stato, comunque, dimostrato che un’eventuale carenza di carnitina possa risultare in bassi livelli di ATP (che è energia per i muscoli) e, poiché il turnover di carnitina è accelerato durante l’attività fisica, un’eventuale carenza possa limitare la quantità di energia a disposizione dei muscoli. Il risultato è un rapido affaticamento e un conseguente difficile recupero. Di conseguenza, è stato dimostrato da recenti studi scientifici, che coloro che assumono carnitina in periodi di intensa attività fisica sono meno soggetti ad avere dolori muscolari e ad affaticarsi rispetto a quelli che non l’assumono.

Modalità d’uso

Per la perdita di grasso corporeo e per una maggior energia durante l’allenamento, si consiglia di assumere da 2 a 4 grammi al giorno, suddivisi in due somministrazioni giornaliere. Importante: La carnitina deve essere assunta da circa 30 minuti a 1 ora prima dell’allenamento. Siccome la presenza di altri amminoacidi contenuti nelle proteine può rallentare od ostacolare l’assorbimento, la carnitina non deve essere assunta in concomitanza con alimenti od altri integratori proteici.

Articolo tratto da Maximum Growth di Stephen Adelè. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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16 ottobre 2012

I benefici dell'acido linoleico coniugato (CLA)

di Stephen Adelè

Spesso ignorato come integratore dietetico, soltanto recentemente si è iniziato a parlarne come uno degli integratori presenti sul mercato maggiormente sottovalutati. Per questa ragione, può valere la pena riprendere in considerazione il CLA.

Più di vent’anni di ricerche hanno mostrato che il CLA può aiutare a ridurre notevolmente il grasso corporeo e ci sono anche prove recenti che dimostrano che questo composto è in grado di aumentare il tessuto muscolare. In particolare, atleti e persone che stanno attente al peso, hanno iniziato ad assumere il CLA, perché è stato scientificamente provato che può modificare la composizione corporea, a favore della perdita di grasso e dell’aumento muscolare.

Come funziona

Quando al famoso ricercatore sul CLA, Michael W. Pariza dell’università del Winsconsin-Madison, fu chiesto “Come funziona il CLA?” egli rispose “In linea di massima, impedisce alle cellule adipose di ingrandirsi... probabilmente bloccando certi enzimi che fanno ingrossare queste cellule”.

Importanti ricercatori sostengono che gli effetti di alterazione della composizione corporea del CLA sono probabilmente dovuti alla sua capacità di regolare il metabolismo dei grassi attraverso un processo abbastanza complesso che ha a che fare con gli enzimi del nostro organismo (in particolare, le lipasi lipoprotiche e le lipasi ormonosensibili). Il succo è che il CLA sembra sia in grado di bloccare l’assorbimento dei grassi e di incrementare la velocità di combustione dei lipidi.

Che cosa dice la scienza a riguardo?

Ola Gudmundsen della Scandinavian Clinical Research, ha recentemente presentato uno studio dove sostiene che il CLA può aiutare le persone a perdere peso, principalmente riducendo la massa grassa globale. In questo studio innovativo, a 60 persone sovrappeso, che non potevano seguire una dieta, è stato fatto scegliere a caso di assumere 9 grammi al giorno di un placebo di olio di oliva, oppure 1,7, 3,4, 5,1 o 6,8 grammi al giorno di CLA per 12 settimane. La loro composizione corporea è stata misurata all’inizio, a metà e alla fine dello studio. “Abbiamo visto che il gruppo CLA trattato ha riportato una notevole riduzione di peso: circa 1 kg in 12 settimane”, ha affermato Ola Gudmundsen. Ma c’è di più; i ricercatori hanno scoperto che tale riduzione era essenzialmente di grasso corporeo e che non aveva inciso sul peso globale o sull’indice di massa corporea.

Thorn Erling (specializzato in fisiologia dell’esercizio) ha condotto un altro studio della durata di tre mesi, misurando periodicamente il grasso ed il peso corporeo dei soggetti. In questo studio doppio cieco, contro placebo, il primo gruppo ha assunto CLA a colazione, pranzo e cena, mentre il secondo ha assunto un placebo. Alla fine dei tre mesi, il gruppo CLA trattato aveva perso una media di 2,2 kg, che statisticamente non è molto significativo, ma il loro grasso corporeo era calato di un incredibile 15-20%, a differenza del gruppo placebo che aveva riportato solo una minima riduzione.

In uno studio, presentato al convegno sulla biologia sperimentale nel 2002, gli scienziati hanno somministrato CLA ad un primo gruppo di ratti e CLA e guaranà (che contiene caffeina) ad un secondo gruppo. Il risultato è stato molto interessante, perché il gruppo trattato con CLA ha avuto una drastica riduzione della dimensione dell’adipocita (cellula adiposa), ma il gruppo al quale sono stati somministrati CLA e guaranà ha riportato un incredibile riduzione del 50% delle cellule adipose, in sole sei settimane. È possibile avere lo stesso effetto prendendo il CLA ed una normale tazza di caffè? Sfortunatamente, la risposta è no, perché la caffeina provoca una spinta soltanto temporanea, mentre il guaranà ha un rilascio più prolungato, quindi è possibile beneficiarne per molte ore.

Modalità d’uso

Gli esperti sostengono che per avere una riduzione di grasso sono necessari 3000 mg (cioè 3 gr), suddivisi in tre somministrazioni giornaliere in corrispondenza dei pasti. Inoltre, studi recenti mostrano che dosi da 3000 a 6000 mg (cioè da 3 a 6 gr) divisi in tre somministrazioni giornaliere in corrispondenza dei pasti, possano indurre anche lo sviluppo dei tessuti muscolari.

Articolo tratto da Maximum Growth di Stephen Adelè. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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12 ottobre 2012

Gli effetti della creatina nelle fibre muscolari

di Jerry Brainum

Allenarsi per periodi di tempo prolungati porta ad un esaurimento delle riserve di glicogeno e di fosfocreatina (la forma con cui la creatina viene immagazzinata) nei muscoli scheletrici. Ricerche precedenti ci suggeriscono che la deplezione delle riserve di creatina sia nelle fibre muscolari a contrazione lenta (tipo 1) che veloce (tipo 2) sia dovuta alla deplezione di glicogeno, con il conseguente processo di affaticamento. Tuttavia, nessun ricercatore si è mai preoccupato di determinare le concentrazioni di glicogeno nelle diverse fibre muscolari.

Al fine di esaminare i cambiamenti che intervengono nella creatina e nel glicogeno durante un allenamento submassimale, ricercatori britannici fecero correre 6 corridori di sesso maschile al 70% del VO2max. Vennero inoltre effettuate delle biopsie muscolari (campioni di tessuto): a riposo, dopo 10 minuti di allenamento e una volta raggiunto il punto di esaurimento. Durante i primi 10 minuti d’allenamento, il processo di demolizione del glicogeno era simile per tutte le fibre muscolari, mentre solo quelle di tipo 2 utilizzavano in maniera significativa le riserve di fosfocreatina. Al momento dell’affaticamento, i livelli di creatina risultarono simili sia per le fibre di tipo 1 che di tipo 2; il glicogeno, tuttavia, si era esaurito solo nelle fibre muscolari di tipo 1. Gli autori dello studio trovarono una forte correlazione tra l’utilizzo di creatina e di glicogeno nelle fibre di tipo 1 (a contrazione lenta), ma non in quelle di tipo 2 (a contrazione veloce).

In base a quanto scoperto, i ricercatori conclusero che è la carenza energetica delle fibre di tipo 1, ma non di tipo 2, a contribuire al processo di affaticamento durante un allenamento submassimale e che, inoltre, la creatina opera diversamente nelle fibre a contrazione lenta rispetto a quelle a contrazione veloce. Un’osservazione del genere rispecchia quanto precedentemente notato, dal momento che, nel corso di un allenamento submassimale, l’organismo utilizza soprattutto le fibre di tipo 1, conosciute anche come fibre di durata. Un allenamento ad intensità più elevata, come quello con i pesi, chiama in azione le fibre di tipo 2, in modo particolare quando si utilizzino dei carichi pesanti.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 4“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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9 ottobre 2012

Il piruvato migliora la performance dell’allenamento?

di Jerry Brainum


Il piruvato è una molecola con tre atomi di carbonio che partecipa al normale metabolismo dei carboidrati all’interno dell’organismo. Di recente, è stato venduto come integratore, sia ai fini della riduzione di grasso che in qualità di aiuto ergogeno per l’allenamento. Proprio quest’ultimo aspetto è stato oggetto di studio da parte di un gruppo di ricercatori del Western Maryland College. I ricercatori si sono chiesti se il piruvato potesse avere un effetto positivo sull’allenamento anaerobico, come quello caratterizzato da normali sessioni con i pesi. Ricerche precedenti riguardo gli effetti sull’esercizio fisico da parte del piruvato avevano preso ad esame solo l’allenamento aerobico.


Lo studio era composto da 18 soggetti, con un’età media di 22 anni, che effettuarono delle brevi corse di un minuto su un tapis roulant, intervallate da una pausa di 30 secondi, in 2 condizioni: 1) dopo aver assunto per 7 giorni 4 grammi di piruvato al giorno; 2) dopo aver ingerito per 7 giorni una sostanza placebo (4 grammi di maltodestrina, un carboidrato). I risultati non mostrarono differenze, in termini dei vari valori fisiologici legati alla performance, tra il gruppo a piruvato e quello a placebo, compreso la produzione di lattato e l’assorbimento del glucosio durante l’allenamento.


Sebbene questo studio avesse utilizzato un protocollo di corsa piuttosto che uno di allenamento con i pesi, la tipologia seguita, più specificatamente, le brevi corse ad intensità elevata, simula in effetti lo stesso modello energetico usato in gran parte delle sessioni di allenamento con i pesi, relativamente all’assorbimento di glucosio nei muscoli e alla produzione di lattato.


In ogni caso, 4 grammi al giorno rappresentano semplicemente una dose troppo piccola per potersi aspettare dei risultati significativi di qualsiasi tipo e, di conseguenza, quanto scoperto da questo studio può essere, nel migliore dei casi, messo in dubbio. È opportuno sottolineare come questo studio preliminare non noti nessun effetto ergogeno dall’integrazione di 4 g giornalieri di piruvato. Ciononostante, le ricerche precedenti che avevano evidenziato degli effetti ergogeni del piruvato avevano spesso previsto dosaggi da 30 a 100 grammi.


Il modo più efficiente per aumentare i livelli di piruvato resta in ogni caso l'assunzione di integratori contenenti l'aminoacido alanina.  L’Alanina è infatti utilizzata dall’organismo, oltre che a scopo plastico, anche come trasportatore di residui azotati e viene convertita nel fegato, durante lo sforzo atletico, in piruvato (tramite la gluconeogenesi) ed in ammoniaca che sono incanalate nel ciclo dell’urea (si parla infatti di ciclo glucosio-alanina). L'assunzione di alanina può dunque permettere una più veloce resintesi del glucosio e, di conseguenza, fornire durante l'attività atletica una maggiore riserva energetica.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 4“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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5 ottobre 2012

Il guaranà: che cos'è e come funziona

di Stephen Adelè

Il guaranà (paullinia cupana) è un’erba che cresce spontaneamente nella foresta amazzonica del Brasile. Contiene grandi quantità di guaranina (il suo principio attivo, che è praticamente uguale alla caffeina) e viene usata da secoli dalle tribù indigene per ridurre la fame, alleviare la fatica e curare l’obesità. La sorprendente verità sul guaranà è che, oltre ad essere un valido aiuto per aumentare temporaneamente i livelli di energia (generalmente necessaria prima di un allenamento intenso o come prima cosa per svegliarsi la mattina), la sua capacità di “liberare” gli acidi grassi (cioè, le cellule adipose) nel flusso sanguigno e di bruciare e mobilizzare queste cellule per usarle come fonte di energia, fa del guaranà una scelta “naturale” per un’efficace perdita di grasso.

Come funziona

Come la caffeina, il guaranà lavora stimolando le ghiandole surrenali a rilasciare epinefrina, noreprinefrina (conosciuta anche come adrenalina) e dopamina, che sono degli ormoni e che a loro volta aumentano la termogenesi, ovvero la capacità dell’organismo di liberare gli acidi grassi ed usarli per produrre energia (cioè, per avere perdita di grasso), fornendo, quindi, maggior forza, resistenza e lucidità mentale. Contrariamente alle credenze popolari (e un po’ limitative!), questi effetti possono essere ottenuti anche senza i tanto discussi effetti collaterali negativi. Tuttavia, il guaranà può avere effetti diuretici, quindi è importante bere molto durante l’assunzione di quest’integratore.

Che cosa dice la scienza a riguardo?

Notizia fresa fresca: il dott. Torben Andersen ha condotto uno studio presso il Charlottenlund Medical Centre in Danimarca con 44 pazienti sovrappeso e in salute, usando una combinazione di guaranà ed altre due erbe: Yerba Maté e Damiana. I risultati sono stati molto positivi: i soggetti che hanno assunto il mix di erbe per 45 giorni hanno perso in media 5 kg. Confrontando questi dati con quelli del gruppo placebo notiamo una notevole differenza; infatti i soggetti di questo secondo gruppo hanno perso in media soltanto 450 gr. Da notare inoltre, che il mix di erbe ha ritardato lo svuotamento gastrico di 20 minuti, il che si traduce in una prolungata sensazione di sazietà dopo un pasto.

In uno studio, presentato al convegno sulla biologia sperimentale del 2002, gli scienziati hanno somministrato CLA ad un primo gruppo di ratti e CLA più guaranà (che contiene caffeina) ad un secondo gruppo. Il risultato è stato molto interessante, perché se il gruppo CLA trattato ha avuto una drastica riduzione della dimensione dell’adipocita (cellula adiposa), il gruppo al quale sono stati somministrati CLA e guaranà ha riportato un incredibile riduzione del 50% della dimensione delle cellule adipose, in sole sei settimane.

Modalità d’uso

Per un aumento della termogenesi o per un rapido incremento di energie, si consiglia di assumere tra 500 e 1000 mg, da dividere fino a un massimo di tre somministrazioni giornaliere. Importante: cercate di procurarvi guaranà standardizzato ad un minimo del 15% di caffeina; ovvero, detto più semplicemente, per ottenere 100 mg di caffeina, è necessario assumere circa 450 mg di guaranà (l’equivalente di una tazza di caffè).


Articolo tratto da Maximum Growth di Stephen Adelè. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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2 ottobre 2012

Pregi e difetti delle proteine di soia

di Jerry Brainum

Le proteine di soia sono state uno dei primi integratori proteici sul mercato. I produttori le scelsero perché sono proteine complete, nel senso che contengono tutti gli aminoacidi essenziali richiesti per la salute e la crescita. Le proteine native della soia, in realtà, hanno un valore biologico più basso delle proteine del latte e delle uova perché le fonti di proteine animali contengono gli aminoacidi essenziali in un migliore equilibrio, essendo la soia particolarmente limitata nel contenuto dell’aminoacido essenziale metionina.

Niente di tutto questo è in discussione in questi giorni. Adesso le ditte di lavorazione alimentare quale la Ralston- Purina, meglio conosciuta per la produzione di alimenti per animali, fanno prodotti con proteine della soia transgeniche nelle quali il contenuto di aminoacidi è stato manipolato per imitare quello che si trova negli integratori più tradizionali di proteine per animali. Anzi, secondo una classifica della qualità delle proteine, nota come Protein Digestibility Corrected Amino Acid Score (PDCAAS) [Punteggio degli aminoacidi corretti per la digeribilità delle proteine, N.d.T.], la soia è confrontabile alle fonti come l’uovo, il latte intero, la caseina e il siero del latte. Di fatto, i punteggi PDCAAS classificano le proteine di soia prodotte con queste tecnologia meglio di quelle della carne.

I moderni integratori di proteine della soia sono in commercio in due versioni: concentrati delle proteine della soia, che in media contengono circa il 70% delle proteine, e proteine della soia isolate, che hanno il 90% di proteine. Anche se gran parte della lavorazione della soia richiede l’estrazione dell’acqua, una tecnica che combina l’estrazione di due sostanze – acqua ed etanolo – rimuove specifici costituenti della soia, chiamati isoflavoni, dal fagiolo di soia. Molti scienziati ritengono che gli isoflavoni siano i componenti attivi della soia che danno benefici salutari come la prevenzione dai tumori, dalle malattie cardiovascolari e perfino stimolano l’attività della tiroide.

Si pensa infatti che gli isoflavoni funzionino in base a svariati meccanismi. Interagiscono con vari enzimi nel corpo, prendono parte all’attività antiossidante e possiedono una struttura simile agli estrogeni. Come tali, gli isoflavoni o agiscono come deboli estrogeni o possiedono un effetto di blocco degli estrogeni, a seconda della dose e della capacità soggettiva di convertire gli isoflavoni in forme attive nelle viscere attraverso i batteri intestinali. Gli isoflavoni più potenti sono il genistein e il diadzein.

Gli effetti della soia connessi alla tiroide sono controversi. Alcuni studi mostrano che le proteine isolate di soia possono avere un effetto stimolante per la tiroide, mentre altri prodotti a base di soia, al contrario, ne inibiscono la funzione (2). Studi in provetta mostrano che il genistein e il diadzein sembrano interferire con un enzima chiamato tiroide perossidasi che è richiesto per la sintesi degli ormoni tiroidei. Il risultato è un effetto in cui il minerale in traccia iodio forma un prodotto complesso con gli isoflavoni piuttosto che con l’aminoacido tirosina, quindi non c’è alcuna sintesi attiva degli ormoni tiroidei. Se tale effetto si verifichi veramente nell’uomo dopo il consumo di prodotti con soia è una questione ancora aperta al dibattito, per quanto un preciso effetto di inibizione della tiroide si verifichi veramente dopo che vengono mangiate grosse quantità di fagioli di soia crudi. Però tale fenomeno può non verificarsi con integratori di proteine di soia isolate, soprattutto quelli da cui vengono estratti quantità apprezzabili di isoflavoni.

Un altro vantaggio degli integratori di proteine di soia è che contengono i massimi livelli di quelli che sono chiamati aminoacidi “a grappolo critico”, aminoacidi collegati alla crescita e al recupero muscolare, tra i quali la glutamina, la lisina e i tre ramificati: isoleucina, leucina e valina. Costituiscono il 35% del contenuto totale di aminoacidi delle proteine di soia, più di quanto ne trovereste in proteine animali di tale valore come il siero, la caseina, le uova e il manzo.


Per quanto riguarda gli effetti della soia sul cervello, alcune prove preliminari sottolineano i potenziali effetti nocivi sulla funzione cerebrale a lungo termine. Per esempio, uno studio pubblicato qualche anno fa ha esaminato il consumo a lungo termine di tofu, che è fatto con latte di soia cagliato, in uomini con età dai 71 ai 93 anni e nelle loro mogli (3). Gli uomini sono stati divisi in gruppi di forti e deboli consumatori, con i consumatori deboli definiti come coloro che mangiano meno di due porzioni di tofu alla settimana, e gli altri due porzioni o più. I risultati dei test eseguiti sui soggetti hanno mostrato che gli uomini che mangiavano più tofu avevano punteggi scadenti per i test cerebrali, ingrossamento dei ventricoli cerebrali – indizio di perdita di tessuto cerebrale vitale – e un minore peso del cervello rispetto a chi mangiava meno tofu o non ne mangiava affatto. Le mogli degli uomini che mangiavano più tofu, le quali si pensa mangiavano anch’esse più tofu, presentavano risultati simili.

I ricercatori hanno offerto svariate spiegazioni per l’apparente effetto negativo, osservando che gli isoflavoni contenuti nel tofu e in altri prodotti alimentari a base di soia possono interferire con il metabolismo degli estrogeni a livello cerebrale. Alcuni studi mostrano che gli estrogeni possono essere necessari per una riparazione cerebrale a lungo termine, soprattutto in relazione alle sinapsi dove si verifica la trasmissione nervosa, nelle regioni cerebrali della corteccia e dell’ippocampo, regioni che sono responsabili del mantenimento di funzioni quali la memoria e l’apprendimento.

La soia può anche interferire con la tirosin-chinasi, un enzima che ha effetti positivi quanto negativi sull’organismo. La tirosin-chinasi è associata alla crescita e alla diffusione di cellule tumorali, il che può essere una delle vie tramite le quali gli alimenti a base di soia aiutano nella prevenzione di vari tipi di tumori. D’altra parte, la tirosin-chinasi è necessaria anche per una corretta funzionalità dei neuroni nel cervello. Gli studi mostrano che un singolo isoflavone, il genistein, ha la tendenza a bloccare l’attività della tirosin chinasi nell’ippocampo. Ciò, a sua volta, blocca un processo importante per l’apprendimento e l’intelligenza chiamato “potenziamento a lungo termine”, durante il quale il cervello elabora e immagazzina nuove informazioni.

Gli studi indicano pure che la tirosin-chinasi è necessaria per altre funzioni dei recettori cerebrali collegati all’apprendimento, come quelli che coinvolgono i canali NMDA. Anche se sono tutte informazioni preliminari, sarebbe ironico se venisse fuori che i prodotti a base di soia prevengono il cancro e le malattie cardiovascolari mentre accelerano la degenerazione cerebrale. Saranno necessari altri studi per confermare quelle conclusioni, ma nel frattempo può essere prudente non esagerare con i prodotti a base di soia. Se state consumando un integratore proteico a base di soia, potete sceglierne uno che non contenga isoflavoni.

Bibliografia

1 Colker, C, et al. (2000). Effects of supplemental protein on body composition and muscular strength in healthy athletic male adults. Current herapeutic Research. 61:19-28.

2 Divi, R.L., et al. (1997). Anti-thyroid isoflavones from soybean: isolation, characterization and mechanisms of action. Biochem Pharmacol. 54:1087-96.

3 White, L.R., et al. (2000). Brain aging and midlife tofu consumption. J Amer Col Nutr. 19:242-255. © Nova Development Inc

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 3“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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