di Jerry Brainum
L'uomo è comparso sulla terra due milioni di anni fa e i ricercatori osservano che la
sua composizione genetica sia cambiata meno dell'1% da quando arrivò sulla
scena, 40.000 anni fa, l'uomo moderno (1). Con l'evolversi della specie, gli
uomini hanno sempre utilizzato certi tipi di alimenti e alcuni ricercatori ritengono che perfino
oggi il nostro corpo funzioni meglio nel seguire modelli alimentari simili a quelli
utilizzati durante l'Età della Pietra. In pratica essi sostengono che anche se siamo progrediti in molti
settori dell'esistenza umana, la nostra genetica di base è simile a quella
dell'uomo dell'Età della Pietra.
Gli antropologi osservano che il 55% di quanto costituisce la tipica dieta
occidentale moderna è costituita dai "nuovi" alimenti - cioè cibi che i nostri antenati non
mangiavano. Tali alimenti comprendono: cereali coltivati e farine raffinate, latticini, alimenti preparati e
lavorati industrialmente, alcool distillato (quello da fermentazione della frutta esisteva), grassi separati (i vari oli), carne commerciale allevata a cereali, cloruro di sodio, bibite artificiali e diversi dolcificanti (2).
Il prezzo pagato per il nostro modello di alimentazione "arricchito"
consiste in un mucchio di malattie degenerative che raramente si verificavano
nell'uomo primitivo, ma che sono comuni oggi, come le patologie cardiovascolari, i
tumori, l'artrite, il diabete e l'obesità. Lo scarto tra quello che mangiamo
oggi e quello che siamo geneticamente programmati ad assimilare causa come minimo
il 75% di tutti i decessi nelle nazioni occidentali (3).
Le osservazioni di primati non in cattività strettamente imparentati con gli
umani, come gli scimpanzé - i quali differiscono geneticamente dall'uomo
solamente per un 1,6% - mostra che le loro diete non sono soltanto più naturali
di quello che consumano gli uomini, ma possiedono anche una densità di sostanze
nutritive maggiore. Il fatto significativo qui non è che siamo letteralmente
gli zii delle scimmie, ma che ciò di cui si nutrono gli scimpanzé liberi
non è molto diverso da quanto mangiavano anche i nostri lontani antenati.
Ad esempio, l'antropologa Katherine Milton della University of California a Berkeley, che ha osservato cosa mangiavano le scimmie sull'isola
di Barro Colorado al largo di Panama (4), ha riscontrato che la scimmia dal peso
medio di 6-7 kg assumeva 600 mg di vitamina C al giorno, ossia 10 volte tanto
la quantità quotidiana consigliata per esseri umani del peso di 68 kg. Le
scimmie prendevano pure la bellezza di 4.571 mg di calcio al giorno, in
confronto agli 800 mg consigliati per l'assunzione nell'uomo. Altre quantità di
sali minerali assunte dalle scimmie risultavano pure megadosi al confronto,
come i 6.419 mg di potassio e i 1.323. mg di magnesio. Questo al confronto del
fabbisogno consigliato per l'uomo, che è, rispettivamente, di 2000 e 350 mg. L'antropologa ha commentato i risultati dello studio osservando:
"Nel corso dell'intera storia gli uomini hanno sofferto per malattie
connesse alla dieta. Se prestassimo maggiore attenzione a quello che i nostri
cugini primati mangiano quando sono in libertà, forse potremmo apprendere cose
nuove sui nostri fabbisogni alimentari."
Anche se è vero che i primi uomini non vivevano a lungo - l'età media a cui si
moriva era a circa 30 anni - è anche vero che le persone non morivano per i
generi di malattie che uccidono la maggior parte delle persone oggi. I primi
uomini soccombevano a malattie come quelle batteriche che oggi noi controlliamo
per mezzo di vari farmaci e di misure igieniche. Il punto importante è che
coloro i quali sopravvivevano vivendo più a lungo sembravano essere
praticamente immuni dalle malattie che affliggono oggi l'umanità.
Un altro spunto che un modo di alimentarsi naturale è più adatto per
l'esistenza umana è stato visto nei primitivi (in termini di riferimento) che
esistono ancora oggi nel mondo. Raramente sono grassi, tendono ad essere più
muscolosi e più forti del cittadino occidentale medio o del cosiddetto uomo
moderno e non soffrono i danni della vecchiaia, come un aumento della pressione
sanguigna (che porta da un incremento della suscettibilità a malattie cardiache
ed ictus), incremento dell'incidenza di tumori (almeno il 30% dei tumori è
correlato a fattori alimentari) e una riduzione della risposta immunitaria.
Altri studi indicano che quando persone primitive come queste accettano uno
stile alimentare più moderno con alimenti lavorati e alimenti che sono
geneticamente estranei al loro corpo, anche essi contraggono i medesimi tipi di
disturbi degenerativi.
A questo punto le due domande che sorgono spontanee sono: cosa mangiavano i nostri antenati primordiali e possiamo imitare
oggigiorno la loro dieta?
Per avere una risposta dovrete attendere la seconda parte di questo articolo che sarà pubblicata la prossima settimana.
Stay tuned!
Riferirnenti bibliografici
1- Eaton, B., et al. (1985). Paleolithie nutrition: a consideration of its nature and current irnpiications. New Engiand Journal of Medicine. 312:283-289.
2 - Eaton, B., et al. (1997). Evolutionary aspects of diet: old genes, new fuels. Worid Review Nutrition Diet. 81:26-37.
3 - Eaton, B., et al. (1988). Stone Agers in the fast lane: Chronie degenerative diseases in evolutionary perspective. Arnerican Journal of Medicine. 84:739-749.
4 - Milton, K. (1999). Nutritional charaeteristics of wild primate foods: do the diets of our elosest living relatives bave les- sons for us? Nutrition. 15:488-98.
1- Eaton, B., et al. (1985). Paleolithie nutrition: a consideration of its nature and current irnpiications. New Engiand Journal of Medicine. 312:283-289.
2 - Eaton, B., et al. (1997). Evolutionary aspects of diet: old genes, new fuels. Worid Review Nutrition Diet. 81:26-37.
3 - Eaton, B., et al. (1988). Stone Agers in the fast lane: Chronie degenerative diseases in evolutionary perspective. Arnerican Journal of Medicine. 84:739-749.
4 - Milton, K. (1999). Nutritional charaeteristics of wild primate foods: do the diets of our elosest living relatives bave les- sons for us? Nutrition. 15:488-98.
Articolo tratto da “HARDGAINER n° 17". Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Powered by Olympian’s News - Clicca qui per abbonarti!
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