di Brian Batcheldor
Pubblicato su Olympian's News / Iron Man edizione italiana
La prossima volta che siete al ristorante pronti per gustare una succulenta
bistecca, fermatevi un momento e riflettete. Non vi rendete conto che non potete
digerire più di 30 g di proteine per volta? Non avete sentito che dovete
consumare le proteine ogni tre ore per fornire il migliore ambiente anabolico
per la crescita muscolare? Eravate su un altro pianeta quando hanno detto che
il siero è la fonte proteica ideale per la crescita muscolare?
Se avete risposto sì anche ad una sola delle domande precedenti (tranne
l’ultima), voglio che riflettiate attentamente per ricordarvi dove avete
sentito quelle cosiddette notizie. A dire il vero quelle informazioni girano
nelle palestre da talmente tanto tempo che probabilmente non vi ricordate quando
e come le avete sentite per la prima volta. Non prendetevela. Ho sentito addirittura
bodybuilder professionisti recitare la medesima litania durante dei seminari
solo per affermare poi che consumano quotidianamente almeno 3,3 g di proteine
per ogni chilogrammo di peso corporeo. Questo significa che un bodybuilder di
136 kg non dorme e passa 45 ore al giorno a pulire shaker!
Potrebbe essere che quelle affermazioni, quelle che avete sempre pensato fossero
scolpite nella pietra, non corrispondano a verità? Tutto dipende dalla
vostra definizione di verità. Se, come me, vi aspettate che la verità
sia avvalorata da studi scientifici credibili, da anni di prove ed errori o
anche solo da conclusioni ovvie, allora quelle affermazioni non sono vere. Per
la maggior parte sono credenze trasmesse da guru ben intenzionati dei tempi
passati quando la gente non aveva la tecnologia per accedere alle informazioni
a cui siamo abituati oggigiorno. Per avere progressi più in fretta, dovete
aprire la mente e collocare quelle affermazioni sulle proteine tra i miti al
pari di Roswell e lo Yeti.
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Negli
ultimi tre
anni nessun altro
scienziato che
lavorasse nel
campo delle
proteine alimentari
ha ricevuto più
citazioni di Yves
Boirie.
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Oggi con i gigabyte di risultati di innumerevoli studi scientifici che riempiono
i database medici tanto da farli scoppiare, dovremmo avere la verità
e solo la verità, non ho ragione? Purtroppo l’onestà ha
lasciato spazio al marketing disonesto.
Quasi tutte le ricerche sul metabolismo proteico non coinvolgevano gli atleti,
a meno ovviamente che “atleta” non sia uno pseudonimo per “ratto
con morbo intestinale”. Gran parte delle ditte di integratori non potrebbe
mai sostenere i costi elevati necessari per condurre un valido studio scientifico
– una bella cifra che potrebbe probabilmente comprare quasi tutte le aziende
concorrenti. Al contrario hanno scelto di seguire la vecchia e collaudata tattica
del raggiro. Portano i consumatori fuori
strada
citando studi contraffatti che producono il genere di risultati che le ditte
si possono solo sognare. Tale forma di pubblicità per niente affatto
etica fa colpo sui giovani e sugli ingenui. Ma anche per l’atleta più
vigile la ditta di integratori inquina il limitato materiale di una qualche
importanza aggiungendo le proprie interpretazioni di parte. Con le capacità
illusionistiche degne di Houdini e la mancanza di scrupoli di un malvivente,
presentano solamente quello che vogliono che sia saputo, tranquilli che tanto
la maggioranza della gente non si prenderà mai la briga di controllare
la letteratura scientifica riportata a caratteri minuscoli nella bibliografia.
Ma allora cosa ci dice in verità la ricerca scientifica? Dove cercare
per trovare la verità? Entra in scena Yves Boirie.
Negli ultimi tre anni nessun altro scienziato che lavorasse nel campo delle
proteine alimentari ha ricevuto più citazioni di Yves Boirie. Tutto è
iniziato con un articolo comparso in un numero del 1998 dell’ormai scomparsa
rivista Peak Training Journal, un centro di ricerca per alcune delle autorità
più progressiste di questo settore. L’articolo “Whey Out
of Line” è stato scritto da Joe Feliciano, un giornalista scientifico
franco oltre che ricercatore che ha militato proprio in trincea. Feliciano non
ha risparmiato colpi mentre sviscerava la nuda verità sulla qualità
delle proteine e la controversia su siero e caseina. Per me è un articolo
da premio Nobel. Come dati di fatto che convalidavano la posizione contro i
grandi produttori di proteine, Feliciano ha riportato uno studio del 1997 intitolato
“Slow and Fast Dietary Proteins Differently Modulate Postprandial Protein
Accretion”. È stato in quell’articolo che i bodybuilder hanno
letto per la prima volta il nome di Yves Boirie.
Poi sono seguiti altri articoli, man mano che l’inflessibile Feliciano
veniva spalleggiato nella sua campagna da altri cervelloni, tra i quali il dr.
Jim Wright, il redattore scientifico di Flex ed una della personalità
maggiormente stimate nell’ambiente. Presto gli studi di Boirie sono diventati
il comun denominatore di tutti gli articoli di un certo livello qualitativo
sulle proteine (per non dire di quasi tutti gli articoli che parlavano di proteine!).
Dalle pagine di Flex, IRONMAN, Peak e Planet Muscle venivamo edotti sulle scoperte
probabilmente più significative e avanzate riguardo al metabolismo proteico.
Ad ogni modo le riviste stanno a galla grazie ai proventi della pubblicità
e quelle rivelazioni erano estremamente poco gradite ai produttori. Spesso avere
il coraggio di dire la verità equivale a giocare ad una roulette russa
finanziaria (riposa in pace Peak).
Perché il lavoro di Boirie e colleghi ha scoperto tanti scheletri negli
armadi? Sembra che non abbia usato il medesimo tasto dei venditori più
scaltri che disprezzano apertamente le regole e la morale. Il problema è
stato che Boirie ha gettato sul tavolo un tipo completamente diverso di scienza
– un genere che ha insito un messaggio totalmente diverso.
Nello studio del 1997 a cui hanno fatto riferimento Feliciano ed altri autori,
i soggetti non erano anziani, malati, infortunati o addirittura mezzi morti
di fame, un insieme di circostanze che potrebbe permettere a qualcuno di dire
che perfino masticare una vecchia cintura da palestra permette di ricavare un
qualche nutrimento. Al contrario Boirie e la sua équipe si sono preoccupati
di utilizzare, per i loro studi, solamente soggetti giovani, sani e ben nutriti.
Lo studio del 1997 ha valutato quanto l’assorbimento degli aminoacidi
potesse influenzare la quantità di proteine sintetizzate, scomposte ed
effettivamente trattenute da un particolare pasto. È stato fatto un confronto
tra fonti proteiche “lente” e “veloci”, con il siero
che rappresentava una fonte veloce e la caseina una lenta.
Per presentare una tesi quanto più accurata possibile, i ricercatori
hanno adottato cinque protocolli separati. I protocolli comprendevano l’impiego
di un tracciante metabolico – un isotopo stabile, in questo preciso caso
13C-leucina – per osservare il destino dell’aminoacido leucina.
In due dei protocolli il tracciante era praticamente incorporato nella fonte
proteica, una situazione in cui l’equilibrio della leucina in tutto il
corpo è generalmente considerato un indice della deposizione proteica.
A questo punto chiunque sarebbe scusato se avanzasse la domanda di come diavolo
si fa ad inserire un isotopo in una proteina alimentare. Incredibilmente i ricercatori
hanno ottenuto precise quantità di siero e di caseina etichettate usando
una metodologia sviluppata in precedenza ossia dando per infusione il tracciante
a mucche in allattamento. Chi ha detto che l’integrazione proteica non
è una scienza?
La bravura, l’esperienza e l’integrità morale di coloro che
hanno condotto lo studio sono al di là di ogni dubbio. Yves Boirie, M.
D., è assistente presso la University of Clermont-Ferrand, in Francia.
Specializzato in endocrinologia ed alimentazione, lavora attualmente per il
Dipartimento di studi sul metabolismo proteico ed energetico del prestigioso
Centro di ricerche sull’alimentazione umana di Clermont-Ferrand. Il direttore
del centro è il professore Bernard Beaufrere, lui stesso un’autorità
che, insieme ad altri membri della sua équipe, ha condotto una montagna
di ricerche su quasi ogni singolo aspetto del metabolismo proteico. Nel corso
degli anni il loro lavoro si è indirizzato all’influenza di fattori
tanto disparati come l’età, l’attività fisica, gli
schemi alimentari e la somministrazione di GH e IGF-1. Quasi tutto il lavoro
d’équipe è basato su analisi in vivo con aminoacidi etichettati,
ossia con traccianti.
OK, adesso avete il quadro completo. Questo studio è stato fatto seguendo
una precisione con la P maiuscola. Le conclusioni che ricaviamo da questi risultati
sono limpidissime, ma lascerò che sia Boirie a spiegarvele. Questo perché
perfino questo studio, pur se non aperto ad interpretazioni, è stato
vittima di un altro lavoro di potatura. Diverse ditte hanno volto a proprio
vantaggio una particolare affermazione dello studio sulla sintesi proteica e
l’hanno usata per spingere i loro prodotti a base di siero del latte.
Saputo il fatto, Boirie ne è rimasto proprio amareggiato. Anzi, era talmente
dispiaciuto che non ha accettato di essere intervistato da nessuna rivista del
settore né ha risposto alle lettere di rappresentati di una qualche ditta
di integratori sportivi – almeno fino ad ora.
All’inizio del 2001 avevo parlato più volte con Boirie e in quel
periodo manifestai un sincero interesse per avere una sua intervista. Come molti
altri nel mio campo, mi ero reso conto che egli aveva toccato un punto dolente,
qualcosa troppo importante per essere lasciato alla mercé dei pescecani
che sguazzano in questo settore. Essendomi familiarizzato con gran parte dei
lavori della sua équipe, sapevo che lo studio del 1997 non sarebbe rimasto
l’unico loro prezioso contributo. Infatti anche qualcuno degli altri studi
potrebbe contenere dei punti importanti per la soluzione dei maggiori rompicapi
del bodybuilding.
Dopo averlo rassicurato sul fatto che il mio interesse era accademico e che
non aveva alcuna motivazione commerciale, stentai a crederci quando mi concesse
l’intervista. Per quanto mi riguardava era un’opportunità
da non lasciare sfuggire. Furono presi gli accordi necessari e dopo neppure
in mese ero in viaggio per Clermont-Ferrand.
Iniziammo l’intervista un assolato pomeriggio di primavera con un’atmosfera
informale, dopo pranzo. Dopo andammo presso il Centro di ricerche sull’alimentazione
umana e passammo a discutere le questioni più delicate. La cosa che mi
impressionò di più fu la dedizione di Boirie per il suo lavoro.
A lui non importa un’acca di risolvere le dispute piuttosto meschine che
si svolgono tra i produttori di integratori sportivi. Il suo è un obiettivo
molto più nobile: migliorare la qualità della vita dell’uomo
per mezzo dell’alimentazione.
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“La
migliore proteina per
l’alimentazione umana
sarebbe una con un
profilo aminoacidico
logicamente bilanciato,
con una buona
biodisponibilità e che
induca la sintesi degli
aminoacidi al momento
opportuno e nei tessuti
più idonei”.
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Brian Batcheldor: Nel suo studio del 1997 “Slow and Fast Dietary
Proteins Differently Modulate Postprandial Protein Accretion” si afferma
che la caseina è superiore al siero per mantenere più a lungo
il bilancio azotato. Lo studio indica pure che la caseina possiede effetti anticatabolici,
fatto dimostrato da una inibizione pari al 34% del catabolismo delle proteine
di tutto il corpo, mentre il siero no. Ritiene che questa sia una conclusione
accurata in base ai risultati che avete ottenuto?
Yves Boirie: Sì. Questo è significativo perché
con lo studio abbiamo mostrato che a livello di tutto il corpo si potrebbe stimolare
moltissimo la sintesi proteica. Lo si potrebbe fare in maniera drammatica con
le proteine del siero ma se non si cambia il catabolismo proteico il risultato
finale può sempre essere negativo. È importante avere un certo
impatto non solo sulla sintesi proteica ma anche sul catabolismo proteico. Questo
è un esempio calzante della situazione perché la caseina non aumenta
la sintesi nella medesima misura ma il catabolismo proteico viene ridotto. Pertanto
alla fine è meglio l’effetto di un pasto a base di caseina proprio
per questa inibizione del catabolismo proteico.
BB:
Quindi le proteine del siero non hanno effetto sul catabolismo proteico?
Y. B.: Assolutamente alcun effetto. È stato veramente
intrigante perché in altri studi con isotopi stabili somministravamo
più di uno spuntino che imitasse un approvvigionamento lento di proteine
e tutti gli studi in quell’area hanno mostrato un’inibizione da
parte del pasto. Questo è pressoché l’unico studio che mostra
che un solo pasto proteico non ha alcun effetto sul catabolismo e penso che
sia per lo studio di cinetica che abbiamo svolto. Tutti gli altri studi valutavano
solamente l’effetto subitaneo di un pasto, che è diverso quando
l’assorbimento è veloce, completamente diverso.
Molte persone controbattono anche che la secrezione di insulina causata dalle
diverse proteine potrebbe avere effetti sul catabolismo; ad ogni modo si verifica
una minima stimolazione dell’insulina – non era diverso per il siero
come per la caseina. Tutti dicono che l’insulina può inibire il
catabolismo proteico ma questo piccolo incremento della sua secrezione non ha
alcun effetto. Per quanto il valore della concentrazione di aminoacidi possa
essere importante, questo studio dimostra che la cosa più importante
per influenzare l’equilibrio proteico è la durata dell’elevazione
del livello degli aminoacidi.
BB: Oggi molte ditte di integratori per lo sport promuovono il siero
come una proteina anticatabolica, mentre il vostro studio mostra chiaramente
che una singola porzione di siero non serve a niente per prevenire il catabolismo.
YB: Preciso, giudicando da quanto è stato stabilito
a livello dell’intero corpo.
BB: Conosce il termine “caseina micellare”?
YB: Sì, è la caseina nativa, dove sono rappresentate
le forme alfa, beta e kappa.
BB: Nello studio del 1997 avete usato la caseina micellare, la caseina
nelle strutture micellari del latte di mucca, al posto del normale caseinato
di calcio? Avete suggerito che potrebbe avere qualche ripercussione sui risultati?
YB: Sì, come ho detto prima, abbiamo usato una proteina
nativa. È stata ottenuta da una microfiltrazione della membrana per la
caseina e dopo un’ultrafiltrazione per il siero. Pertanto non abbiamo
usato un precipitato di caseina, ossia trattato con acidi, perché non
ci avrebbe permesso di osservare il corretto comportamento morfologico. Nello
stomaco, dove l’acidità non è trascurabile, si potrebbe
avere la coagulazione della caseina; comunque se si usa la caseina che è
già coagulata, si potrebbe avere un comportamento diverso: non la stessa
coagulazione.
BB:
Allora avete pensato che gli effetti positivi della caseina possono essere stati
parzialmente attribuiti al fatto che era una proteina nativa del latte nella
sua forma micellare. In almeno uno dei vostri studi accennate che esistono peptidi
attivi che regolano gli oppiodi contenuti in alcune della frazioni della caseina
micellare e che possono avere un certo peso influenzando la motilità
gastrointestinale.
YB: È difficile rispondere con certezza a questa domanda.
In altri studi abbiamo visto che si potrebbe comportare in maniera simile anche
il caseinato di calcio. Penso che sia un argomento importante e che necessiti
di una verifica.
BB: Lei o i suoi colleghi avete mai eseguito altri studi sull’aumento
delle proteine in soggetti adulti sani?
YB: Sì, abbiamo svolto uno studio che osservava gli
effetti dell’insulina senza fare il profilo di alcun aminoacido. È
stato eseguito con soggetti giovani ed abbiamo dimostrato che l’insulina
non ha proprio alcun effetto sulla sintesi proteica a livello di tutto il corpo,
soltanto un effetto sul catabolismo proteico; in ogni caso gli anziani hanno
una risposta minore all’insulina e questo potrebbe rivelarsi molto importante.
BB: Sono maggiormente resistenti all’insulina?
YB: Sì. Questo potrebbe essere importante per prevenire
la sarcopenia negli anziani. Abbiamo effettuato un altro studio in cui abbiamo
aggiunto una fonte di carboidrati ad un pasto proteico, e questo può
dare la risposta, ad esempio, ad alcune delle domande sulla combinazione di
proteine e carboidrati oppure di proteine e lipidi. La domanda è: abbiamo
il medesimo risparmio con i carboidrati o con i grassi assieme alle proteine?
Siamo in contatto con la Società europea per la nutrizione che ha sede
a Monaco e presto pubblicheremo questa ricerca.
BB: Eccellente, sarebbe molto interessante.
YB: A dire il vero posso anticiparle che c’è un
risparmio sia con i carboidrati sia con i grassi.
BB: Precisamente quale tipo di effetto? E quali carboidrati avete usato:
semplici o complessi?
YB: Dovete aspettare e lo saprete!
BB: Nel febbraio 2001 avete pubblicato uno studio intitolato “The
Digestion Rate of Protein As an Indipendent Regulating Factor of Postprandial
Protein Retention” [“La velocità di digestione delle proteine
come fattore di regolazione indipendente della ritenzione proteica postprandiale”,
NdT]. Ancora una volta avete indagato il legame tra la velocità di digestione
e la quantità di proteine assimilate. Come avete sottolineato nel primo
studio, gli aminoacidi sono potenti modulatori della sintesi proteica, del catabolismo
e dell’ossidazione, quindi può essere stato possibile che i diversi
profili aminoacidici possano dare risultati diversi.
YB: Questo è stato per noi uno studio importante. Dopo
la pubblicazione dello studio del 1997, alcune persone dissero che le differenze
tra siero e caseina erano attribuibili alla differenza di composizione per gli
aminoacidi, ossia che tali differenze si potevano spiegare in termini di equilibrio
proteico.
BB: Quindi, in parole povere, stavate cercando di determinare se era
la velocità di digestione oppure il profilo aminoacidico che spiegava
i diversi risultati?
YB: Sì, i diversi risultati e le differenti risposte.
BB: In questo studio avete impiegato quattro gruppi composti da sei
giovani uomini in salute, ogni gruppo seguiva un protocollo diverso. Il primo
gruppo prendeva 30 g di caseina micellare, una cosiddetta proteina ad assimilazione
lenta. Il secondo gruppo prendeva 30 g di una miscela di aminoacidi in forma
libera che imitava il profilo aminoacidico della caseina e rappresentava una
fonte proteica veloce. Nel terzo gruppo i soggetti prendevano 30 g di siero,
un’altra proteina ad assimilazione veloce, ed il quarto gruppo 13 piccoli
spuntini a base di siero distanziati di 20 minuti nell’arco di quattro
ore. I 13 spuntini in totale apportavano 30 g di proteine ed erano ancora un
altro pasto ad assimilazione lenta. In breve, quali sono stati i risultati dello
studio?
YB: Prima di tutto l’ossidazione della leucina era diminuita
drammaticamente con il protocollo che riguardava vari spuntini con il siero
del latte al confronto di uno solo. Abbiamo riscontrato la medesima situazione
quando abbiamo confrontato la singola porzione di caseina con la miscela di
aminoacidi che imitava il profilo della caseina. L’utilizzazione delle
proteine contenute negli alimenti non è propriamente il risultato del
profilo aminoacidico ma soprattutto un caso di velocità della digestione.
BB: E l’equilibrio della leucina dopo pasto era maggiore in quali
pasti? In quelli ad assimilazione più lenta?
YB: Sì, corretto. Inoltre il catabolismo proteico era
inibito in maniera significativa solamente dai pasti ad assimilazione lenta.
BB: Quindi le conclusioni dello studio del 2001 hanno confermato quelle
del 1997?
YB: Sì, perfettamente consistenti con il primo studio.
BB: Nello studio del 2001 avete affermato che nei giovani le proteine
lente erano migliori in riferimento all’incremento postprandiale. È
esattamente la medesima conclusione alla quale eravate arrivati in precedenza?
YB: Corretto.
BB: In pratica se guardiamo ai suoi studi ed a quelli dei suoi colleghi,
che tipo di proteine del latte bovino pensate apportino la migliore efficienza
complessiva di utilizzazione nel corpo umano? Non sarebbe la caseina?
YB: Sì, da un punto di vista pratico. Ma non si avrebbe
la medesima concentrazione di aminoacidi nel sangue e lo stimolo della sintesi,
che può essere di particolare beneficio in alcune circostanze. La migliore
proteina per l’alimentazione umana sarebbe una con un profilo aminoacidico
logicamente bilanciato, con una buona biodisponibilità e che induca la
sintesi degli aminoacidi al momento opportuno e nei tessuti più idonei,
perché siamo preoccupati qui del tessuto muscolare e non del tessuto
splancnico. Dovrebbe avere un impatto sul catabolismo proteico, ma dobbiamo
prestare attenzione a quanto accade per il turnover proteico se consumiamo una
grossa quantità di quella particolare proteina, come farebbe un bodybuilder.
Quando si consuma una grossa quantità di proteine, si aumenta il loro
turnover e ciò consuma molte energie non solo per la sintesi proteica
ma anche per il catabolismo proteico. La gente non si rende conto del dispendio
energetico collegato alla scomposizione delle proteine.
BB: In alcune circostanze il ritmo della sintesi potrebbe essere un
fattore critico. Per esempio, ho ragione di trarre quella conclusione dopo che
un atleta ha gareggiato o si è allenato? Le proteine del siero, essendo
proteine veloci, possono essere utili subito dopo la sessione in quanto può
essere richiesto un veloce apporto di aminoacidi.
YB: Può essere.
BB: Potrebbe essere altrettanto logico dedurre che se una proteina lenta
fosse stata consumata al momento giusto prima dell’allenamento, potrebbe
avere evitato il catabolismo?
YB: Come ho detto prima, la sensibilità muscolare è
maggiore dopo una sessione d’allenamento, quindi potrebbe essere importante
per aumentare la disponibilità degli aminoacidi ai muscoli. Tutto quello
che posso dire è che il siero viene assorbito più rapidamente
e che sembra stimolare la sintesi; ad ogni modo la vostra teoria basata sul
consumo di una proteina ad assimilazione lenta può pure valere per la
sintesi proteica dopo l’attività fisica. Questo è interessante.
Abbiamo una situazione simile in cui molte persone adottano tale protocollo
in preparazione ad un intervento chirurgico. Sappiamo che dopo un intervento
chirurgico c’è una specie di resistenza all’insulina e in
Svezia è stato visto che se si fa un carico di glucosio prima dell’intervento,
allora la sensibilità all’insulina dopo è migliore. Pertanto
può essere che abbiamo proprio la medesima situazione con il pre-carico
di aminoacidi al quale lei ha accennato [consumo di proteine ad assimilazione
lenta]; potremmo modulare il periodo post operatorio modulando quello pre operatorio.
L’effetto che può essere raggiunto è assai impressionante.
In precedenza non ero mai rimasto completamente convinto da questa teoria, ma
adesso lo sono al cento per cento.
BB: Quello che sto cercando di spiegare realmente su queste fonti proteiche
è che nessuna è inferiore: ognuna va bene per una particolare
situazione o condizione. Non è forse così?
YB: Certamente.
BB: Quindi possiamo avere una situazione nella quale l’obiettivo
primario è interrompere il catabolismo proteico e possono verificarsi
altre circostanze per le quali invece è prioritario apportare velocemente
gli aminoacidi. Vero?
YB: Sì, verissimo.
BB: Pertanto il siero e la caseina possiedono ciascuno qualità
singolari che potrebbero servire alle diverse esigenze di un atleta?
YB: Corretto, ma è importante ricordare che perfino
se una proteina è a lenta assimilazione, se la sensibilità muscolare
è aumentata, il corpo potrà fare pieno uso degli aminoacidi come
richiesto.
BB: Se guardiamo le proprietà singolari di ogni fonte proteica
– ossia digeribilità, effetti sulla sintesi, catabolismo, deposizione
– non sarebbe scontato concludere che la situazione migliorerebbe combinando
il siero con la caseina?
YB: Penso che sia vero. Ecco perché le proteine native
del latte sono così buone: sono perfette. Dapprima c’è il
rilascio veloce degli aminoacidi e poi, quando questi iniziano a scomparire,
prendono in mano la situazione gli aminoacidi della caseina, più lenta.
Inoltre le proteine ad assimilazione veloce aumenterebbero la sintesi dell’apporto
di aminoacidi, mentre quelle lente ridurrebbero la velocità con cui si
verifica il catabolismo. La combinazione è perfetta.
BB: E cosa dire delle caratteristiche specifiche delle specie? Dopo
tutto il latte di mucca è immensamente diverso da quello umano.
YB: Vero. Il latte di mucca contiene solamente 5 g per litro
di siero e 25 g di caseina.
BB: Ritiene che ci possa essere un rapporto maggiormente preciso tra
siero e caseina in modo che risulti maggiormente adatto per l’impiego
da parte dell’uomo? Per gli atleti non potrebbe essere migliore il rapporto
di 60 a 40 che si ritrova nel latte umano?
YB: Ha pienamente ragione ed alcune ditte stanno già
prendendo in considerazione quei rapporti. Ci sono brevetti in corso di applicazione
da parte di alcune ditte, non per integratori sportivi ma per prodotti indirizzati
all’uso clinico.
“È importante ricordare che pure se la proteina è lenta,
se si aumenta la sensibilità muscolare il corpo potrà sfruttare
al meglio e nella maniera in cui necessita gli aminoacidi”.
È un settore di ricerca davvero interessante e penso che siamo all’inizio
di una nuova era.
Nota del redattore: nella seconda parte dell’articolo
Batcheldor e Boirie solleveranno ancora di più i termini della controversia
discutendo un concetto che è talmente radicale da rovesciare del tutto
la tradizionale teoria sull’integrazione proteica.
Glossario
Aminoacidi. I costituenti fondamentali delle proteine.
Un gruppo di acidi organici contenenti azoto che quando si legano in catene
formano le proteine.
Anabolismo. Il ciclo del metabolismo umano che presiede
alla costruzione dei tessuti. Una sostanza anabolica è una sostanza
che fa crescere il corpo.
Anticatabolico. Che previene il catabolismo; ossia la
distruzione del corpo o di alcune sue parti.
Azotato. Sostanze, composti o miscele che contengono
azoto.
Bioattivo. Che ha un effetto su un organismo vivente.
Caseina micellare. La forma naturale delle proteine della
caseina come si trovano nel latte – la forma non denaturata della
caseina (non ottenuta per estrazione chimica). I micella stessi sono grosse
molecole insolubili che rimangono in sospensione nel latte. Varie sono
le proteine della caseina che vanno a costituire le strutture dei micella,
ossia la caseina alfa 1, alfa 2, beta, kappa. La funzione principale dei
micella del latte è apportare le sostanze nutritive, soprattutto
minerali, in una forma altamente biodisponibile; ad ogni modo sono presenti
pure le frazioni ed i peptidi bioattivi, per esempio i glicomacropeptidi
(GMP) e la kappacina. Di queste sostanze si sa che proteggono dalle tossine,
dai batteri e dai virus; inoltre possono modulare il sistema immunitario.
Caseina. La proteina più importante tra quelle
contenute nel latte. Il latte di mucca ne contiene circa l’80%.
Separata dal latte per mezzo di processi chimici di estrazione, è
una proteina denaturata (i micella sono distrutti). È impiegata
nell’industria casearia.
Caseinato. Una forma neutralizzata di caseina, solitamente
ottenuta facendo reagire la caseina acida con una sostanza basica, per
esempio l’idrossido di sodio.
Catabolismo. Il ciclo del metabolismo umano che presiede
alla distruzione dei tessuti; metabolismo distruttivo.
Denaturare. Cambiare una proteina dalla sua struttura
nativa e funzionale ad una conformazione diversa, variando in tal modo
la sua funzione.
Frazioni proteiche. Un termine ampiamente diffuso per
distinguere una proteina specifica da un gruppo di proteine che le è
solitamente associato. Ad esempio, la lattoferrina è una proteina
presente nel gruppo di proteine del siero del latte. La lattoferrina sarebbe
una frazione proteica del siero del latte.
In vivo. Eseguito su organismi viventi o su cellule vive.
Meccanismo di assorbimento competitivo. Si riferisce
al meccanismo per mezzo del quale una sostanza nutritiva viene assimilata
dal corpo attraverso le pareti intestinali. Alcuni meccanismi permettono
di avere un assorbimento libero dei nutrienti mentre altri sono competitivi
e pertanto l’assorbimento stesso è minore e per vie che lo
contrastano. Un meccanismo che può avere ripercussioni sull’assimilazione
degli aminoacidi.
Metabolizzare. Sottoporre al processo per mezzo del quale
una particolare sostanza è processata dal corpo.
Ossidazione. Una reazione chimica durante la quale una
sostanza viene cambiata aumentandole la carica elettronegativa o aggiungendo
ossigeno o usando l’ossigeno per sottrarle alcuni atomi di idrogeno.
Questo si verifica con gli aminoacidi al fine di soddisfare il fabbisogno
energetico dell’apparato contrattile dei muscoli.
Peptidi. Qualsiasi combinazione di due o più di
due aminoacidi, che non costituiscono una proteina, legati insieme per
mezzo di legami ammide. Parti di proteina prodotti spezzandone i legami
chimici.
pH. La scala di misurazione per la concentrazione di
ioni idrogeno. Un pH al di sotto di 7 indica un ambiente acido, sopra
basico.
Postprandiale. Dopo un pasto.
Proteine del siero. Il gruppo di proteine del latte che
rimane disperso nell’acqua con un pH più ampio. Di solito
il termine si riferisce alle proteine che rimangono nel siero del latte
dopo che il caglio è stato estratto dal latte nella produzione
casearia.
Ritenzione azotata. Un termine usato per descrivere la
quantità di azoto trattenuta dal corpo dopo un numero specificato
di ore.
Sintesi proteica. La produzione di proteine.
Splancnica. Attinente al fegato e alle viscere.