13 settembre 2013

Proteine: qualità, quantità, assimilazione.....la differenza fra essere e apparire

del Dott. Marco Neri

Da sempre, nell’immaginario di chi pratica Bodybuilding (ma a me piace più chiamarlo culturismo) l’assunzione proteica (magari smisurata) è sinonimo di crescita muscolare garantita. Ancora oggi tutti gli appassionati si arrovellano nel conteggiare il quantitativo proteico assunto giornalmente sia da alimenti che da integratori, senza porsi il problema su 2 questioni importanti.

La prima è la qualità delle proteine, cioè fino a che punto la qualità può sopperire e fungere da booster alla quantità, la seconda è la quantità di proteine che è possibile assimilare in un’unica assunzione.

Diversi studi hanno evidenziato come uno spettro aminoacidico ottimale totale possa riequilibrare positivamente il bilancio azotato frenando il catabolismo anche in presenza di ridotti apporti proteici (< a 0,5 gr pro Kg). Questi studi sono stati fatti con apposite composizioni di AA; d’altro canto, alti quantitativi proteici, ma provenienti da fonti di bassa qualità e dal pool aminoacidico carente ed in competizione con i rispettivi carrier, non riuscivano a coprire il fabbisogno plastico.

In questo contesto, escludendo elaborati pool di Aminoacidi (integratore purtroppo mai completamente capito dagli sportivi), la fonte privilegiata è senza dubbio il siero del latte al cui interno troviamo “la crema della crema”, cioè le lattoglobulineQuesto significa che se il “semplice” siero del latte è già una fonte proteica di qualità, il siero del latte isolato a base di lattoglobuline è il massimo del “godimento” biologico legato alla capacità assimilativa e al pool di AA essenziali disponibili e ben bilanciati. Nelle lattoglobuline si tratta infatti di polipeptidi a corta catena, basso peso molecolare, quindi già parzialmente digeriti e pronti per una rapida ed ottimale assimilazione senza creare problemi di competizione nei trasportatori.

Per ciò che riguarda la quantità di proteine per singolo pasto la bibliografia è alquanto lacunosa e contraddittoria. Sono molti i parametri che possono influire su questa caratteristica. Spesso viene indicato in 30/35 gr il quantitativo proteico ben utilizzabile x singolo pasto. L’esperienza ed alcune osservazioni scientifiche portano a pensare che proporzionalmente all’età, ai livelli enzimatici e ormonali, all’abitudine, alle caratteristiche assimilative gastro intestinali, la possibilità di assunzione proteica possa spingersi anche a 50/55 gr per volta.

Nei parametri menzionati alcuni sono genetici,altri sono invece frutto di un sapiente inserimento di alcuni nutrienti e risultano fondamentali per ottimizzare un assorbimento proteico troppo spesso trascurato e non sufficientemente indagato per la mera abitudine del concentrarsi sulla quantità proteica assunta.

Per meglio capire l’importanza di questa prerogativa è giusto fare un breve escursus sul cammino digestivo-assimilativo delle proteine. Una prima digestione avviene nello stomaco ad opera della PEPSINA che provoca la rottura del legame peptidico. Nell’intestino tenue l’alimento proteico, già parzialmente digerito dal succo gastrico, è ulteriormente demolito dall’azione combinata degli enzimi del succo pancreatico e succo enterico. Contemporaneamente la ribonucleasi e la desossiribonucleasi depolimerizzano gli acidi nucleici (RNA e DNA) mettendo in libertà i nucleotidi corrispondenti.

Il complesso degli enzimi aminopeptidasici di origine intestinale (lume Duodeno – Digiunale) completa l’idrolisi dei polipeptidi (ormai ridotti a di-tripeptidi) fino ad aminoacidi. Logicamente l’assunzione di prodotti con corta catena aminoacidica riduce già da sé una serie di questi passaggi; la presenza di enzimi (ed in modo particolare Bromelina e papaina) amplificano la demolizione AA ottimizzandone l’assimilazione e velocizzandone il transito (la Bromelina ha dimostrato in vitro di riuscire ad agire su un quantitativo proteico/aminoacidico pari a 1000 volte il suo peso).

La flora batterica presente nei tratti intestinali deputati all’assimilazione è il supporto fondamentale per coadiuvare l’azione enzimatica, creare l’ambiente ideale al transito peptidico e bilanciare negative variazioni di pH potenzialmente indotte da ingenti e ripetute elaborazioni di grossi quantitativi proteici. Il poter disporre costantemente di un’efficiente e mirata flora batterica è senza dubbio uno dei fattori dimenticati, ma fondamentali per garantire il massimo assorbimento proteico.

Purtroppo anche nel campo della flora batterica si hanno potenziali situazioni di competizione e sovrapposizione dove alcuni ceppi possono avere il sopravvento su altri, così come la presenza di problematiche tipo l’elicobacter Pilori (la cui verifica è un test che consiglio di fare, anche e soprattutto su urina,saliva,feci, a tutti gli atleti ed a tutti coloro che seguono diete altamente proteiche) crea uno scompenso gastrico-assimilativo di notevole entità con dispepsia e disbiosi.

Selezionati ceppi di fermenti, fra questi il Reuterii, il Salivarius, il Termophilus, il Rhamnosus contribuiscono eccezionalmente alla funzionalità assimilativa e riequilibrio della flora batterica. Anche altri fermenti come il Plantarium,il Biofidobacterium, lo Sporogenes, il Bulgaricus ed il Enterococcus Faeucium sono preposti per attenuare l’impatto gastrico di alte dosi proteiche, questo soprattutto se la fonte è di derivazione lattea (per quanto delattosizzata in una proteina il lattosio non può MAI essere matematicamente zero). In questo modo oltre all’accelerazione del transito assimilativo (aiutata dagli enzimi), una proteina assume anche l’interessante caratteristica di ridurre le sensazioni di aerofagia, gonfiore e pesantezza.

Oltre all’aspetto sportivo-funzionale non bisogna sottovalutare l’aspetto salutistico legato all’associazione di proteine di alta qualità con fermenti ed enzimi, infatti i fermenti appartengono alla famiglia dei Probiotici che per definizione sono dei microrganismi vivi e attivi che esercitano un effetto positivo sulla salute dell’ospite con il risultato di rafforzare l’ecosistema intestinale. I veri probiotici dovrebbero essere in grado di raggiungere l’intestino ed esercitare una azione di equilibrio sulla microflora intestinale, mediante colonizzazione diretta.

Non a caso il termine “probiotico” deriva dal greco: “pro-bios” e significa a favore della vita; se per assonanza è terminologicamente simile ad “antibiotico”, si contrappone totalmente per la sua funzione che appare diametralmente opposta.

Da sottolineare come anche nella definizione medica di probiotico si usino i termini vivi e attivi, infatti il problema è che mantenere vivi in condizioni ottimali un numero utile ed efficiente di fermenti (immessi in un preparato commerciale), non è impresa facile; questo richiede infatti ricerca, tecnologia, selezione materie prime e, non ultimo, l’inserimento all’origine di un numero triplo o quadruplo di fermenti rispetto a quello desiderato. Questo per assicurarsi che anche alla data della scadenza, pure in presenza di escursioni termiche, si possa garantire al consumatore sia il giusto livello di milioni di fermenti/dose , ma anche la loro intatta efficienza. 

Ancora una volta subentra la differenza fra “essere e apparire”, quindi poco importa quanti fermenti sono stati messi all’origine, ciò che conta è quanti ho la garanzia siano ancora perfettamente attivi al momento dell’utilizzo. L’argomento su proteine, assimilazione, quantità e qualità sarebbe ancora lungo ma avremo ancora opportunità di trattarlo, quello che mi premeva, anche in virtù delle molte domande che mi vengono fatte durante stage e congressi, era far capire come possa essere inutile, per non dire dannoso e/o dispendioso, concentrarsi su elevatissimi apporti proteici.

Articolo pubblicato su Olympian's News n° 81, pag 84 da Sandro CIccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.  Clicca qui per abbonarti!

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