
Il concetto della carnitina come sostanza ossidante i grassi presenta, tuttavia, parecchi difetti. Per prima cosa, molti studi hanno mostrato come la sintesi di carnitina sia migliore quando l’organismo utilizza i grassi come fonte energetica. Persino le persone obese hanno spesso dei livelli ematici di carnitina più alti della media. Un altro problema è rappresentato dal basso tasso di assunzione di questa sostanza; alcuni studi mostrano come ne venga assorbito solo circa il 2% di una dose orale. D’altra parte, come evidenziato da ricerche sull’uomo e sugli animali, l’aggiunta di un altro nutriente, la colina, sembra contribuire a conservare la carnitina all’interno dell’organismo.

Secondo uno studio condotto da ricercatori della Louisiana State University (Università Statale della Louisiana) la carnitina può ancora offrire dei vantaggi sotto il profilo della dieta. La ricerca in questione aveva come soggetti 64 topi, per cui erano previste delle varianti di diete iperproteiche e iperlipidiche, alcune delle quali integrate con carnitina, per un periodo di 8 settimane. I roditori che seguivano le diete ad alto contenuto di proteine mostrarono dei livelli più elevati di glucosio, di azoto urico e di ammoniaca sierica nel sangue, ai punti corrispondenti alla seconda e ottava settimana. I topi sulle diete iperlipidiche evidenziarono dei maggiori depositi di grasso addominale e, dopo 2 settimane, un ridotto apporto di cibo, oltre che un’efficienza energetica ed incremento di peso maggiori.

Lo studio mostra come l’integrazione di carnitina sembra limitare la produzione di ammoniaca durante una alimentazione ricca di proteine permettendo, allo stesso tempo, di mantenere dei livelli stabili di glucosio ematico. Dal momento che l’ammoniaca è un sottoprodotto del metabolismo proteico, associato spesso, se assunto in quantità eccessive, ad uno stato di affaticamento, questo indica come la carnitina potrebbe non accelerare l’ossidazione dei grassi durante una dieta, ma comunque aiutare a mantenere i livelli energetici, rendendola quindi più facile e sopportabile.
Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 2“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.
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