
Gli acidi grassi omega-3 sono detti polinsaturi perché la loro catena comprende vari doppi legami.
I principali acidi grassi del gruppo omega-3 sono:
L'acido α-linolenico o ω3α (ALA)
L'acido eicosapentaenoico (EPA)
L'acido docosaesaenoico (DHA)
Gli omega 3 sono acidi grassi essenziali: con questo termine si intende che il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli e quindi la loro introduzione attraverso la dieta è assolutamente fondamentale.

Per ciò che concerne le funzioni biologiche nell'organismo umano si evidenzia, dalle più recenti acquisizioni e dagli studi scientifici condotti su questo argomento, che tra gli effetti protettivi degli omega 3 i più rilevanti sono sicuramente:
• azione antiaggregante piastrinica (effetto antitrombotico), cioè ridurrebbero la possibile formazione di coaguli nel sangue
• controllo del livello plasmatico dei lipidi, soprattutto dei trigliceridi
• controllo della pressione arteriosa, mantenendo fluide le membrane delle cellule, e dando elasticità alle pareti arteriose

Molti studi hanno anche dimostrato che incrementano la sensibilità all’insulina. Questo è un fattore molto importante per il controllo del grasso corporeo, in quanto durante l’invecchiamento si verifica la cosidetta resistenza all’insulina. In pratica questo ormone ha il compito di immagazzinare i nutrienti, in special modo i glucidi, in apposite cellulebersaglio. Quando l’insulina è insufficiente, queste cellule rischiano di morire di fame, perché ne serve una certa quantità per un ottimale rifornimento di nutrienti. L’insulino-resistenza non impedisce la produzione dell’insulina, ma altera la sua capacità di trasmettere l’ordine di immagazzinare i nutrienti; in particolare il glucosio sanguigno. In questa situazione l’organismo è costretto a produrre più insulina, pur di abbassare il livello di zuccheri; questo eccesso è chiamato iperinsulinemia. Uno dei primi segni di questa alterazione è proprio l’aumento della percentuale di grasso corporeo. Ma questo processo che sembra inevitabile, può essere significatamente rallentato utilizzando proprio l’olio di pesce.
L’Istituto di ricerca di Pennington, Baton Rouge (Florida, 2002) ha somministrato per 12 settimane olio di pesce nell’alimentazione di uomini obesi, incrementandone la sensibilità all’insulina, permettendo cioè alle cellule-bersaglio di essere più efficienti nell’assorbimento dei nutrienti, in particolar modo dei carboidrati. In questo modo l’organismo non ha più bisogno di andare in iperinsulinemia.

Per cercare di evitare di cadere nella trappola della cosiddetta "sindrome metabolica", oltre che ridurre drasticamente il consumo di carboidrati raffinati, vi consigliamo di consumate del pesce grasso (salmone, tonno, aringhe) almeno 3-4 volte a settimana, con l’aggiunta di 3-6 grammi di acidi grassi omega 3 (EPA-DHA) al giorno sotto forma di integratore.
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