di Jerry Brainum
Le proteine di soia sono state uno dei primi integratori
proteici sul mercato. I produttori le scelsero perché sono proteine complete,
nel senso che contengono tutti gli aminoacidi essenziali richiesti per la
salute e la crescita. Le proteine native della soia, in realtà, hanno un valore
biologico più basso delle proteine del latte e delle uova perché le fonti di
proteine animali contengono gli aminoacidi essenziali in un migliore
equilibrio, essendo la soia particolarmente limitata nel contenuto
dell’aminoacido essenziale metionina.
Niente di tutto questo è in discussione in questi giorni.
Adesso le ditte di lavorazione alimentare quale la Ralston- Purina, meglio
conosciuta per la produzione di alimenti per animali, fanno prodotti con
proteine della soia transgeniche nelle quali il contenuto di aminoacidi è stato
manipolato per imitare quello che si trova negli integratori più tradizionali
di proteine per animali. Anzi, secondo una classifica della qualità delle
proteine, nota come Protein Digestibility Corrected Amino Acid Score (PDCAAS)
[Punteggio degli aminoacidi corretti per la digeribilità delle proteine,
N.d.T.], la soia è confrontabile alle fonti come l’uovo, il latte intero, la
caseina e il siero del latte. Di fatto, i punteggi PDCAAS classificano le proteine
di soia prodotte con queste tecnologia meglio di quelle della carne.
I moderni integratori di proteine della soia sono in
commercio in due versioni: concentrati delle proteine della soia, che in media
contengono circa il 70% delle proteine, e proteine della soia isolate, che
hanno il 90% di proteine. Anche se gran parte della lavorazione della soia
richiede l’estrazione dell’acqua, una tecnica che combina l’estrazione di due
sostanze – acqua ed etanolo – rimuove specifici costituenti della soia,
chiamati isoflavoni, dal fagiolo di soia. Molti scienziati ritengono che gli
isoflavoni siano i componenti attivi della soia che danno benefici salutari
come la prevenzione dai tumori, dalle malattie cardiovascolari e perfino
stimolano l’attività della tiroide.
Si pensa infatti che gli isoflavoni funzionino in base a
svariati meccanismi. Interagiscono con vari enzimi nel corpo, prendono parte
all’attività antiossidante e possiedono una struttura simile agli estrogeni.
Come tali, gli isoflavoni o agiscono come deboli estrogeni o possiedono un
effetto di blocco degli estrogeni, a seconda della dose e della capacità
soggettiva di convertire gli isoflavoni in forme attive nelle viscere
attraverso i batteri intestinali. Gli isoflavoni più potenti sono il genistein
e il diadzein.
Gli effetti della soia connessi alla tiroide sono
controversi. Alcuni studi mostrano che le proteine isolate di soia possono
avere un effetto stimolante per la tiroide, mentre altri prodotti a base di
soia, al contrario, ne inibiscono la funzione (2). Studi in provetta mostrano
che il genistein e il diadzein sembrano interferire con un enzima chiamato
tiroide perossidasi che è richiesto per la sintesi degli ormoni tiroidei. Il
risultato è un effetto in cui il minerale in traccia iodio forma un prodotto
complesso con gli isoflavoni piuttosto che con l’aminoacido tirosina, quindi non
c’è alcuna sintesi attiva degli ormoni tiroidei. Se tale effetto si verifichi
veramente nell’uomo dopo il consumo di prodotti con soia è una questione ancora
aperta al dibattito, per quanto un preciso effetto di inibizione della tiroide
si verifichi veramente dopo che vengono mangiate grosse quantità di fagioli di
soia crudi. Però tale fenomeno può non verificarsi con integratori di proteine
di soia isolate, soprattutto quelli da cui vengono estratti quantità
apprezzabili di isoflavoni.
Un altro vantaggio degli integratori di proteine di soia è
che contengono i massimi livelli di quelli che sono chiamati aminoacidi “a
grappolo critico”, aminoacidi collegati alla crescita e al recupero muscolare,
tra i quali la glutamina, la lisina e i tre ramificati: isoleucina, leucina e
valina. Costituiscono il 35% del contenuto totale di aminoacidi delle proteine
di soia, più di quanto ne trovereste in proteine animali di tale valore come il
siero, la caseina, le uova e il manzo.
Per quanto riguarda gli effetti della soia sul cervello,
alcune prove preliminari sottolineano i potenziali effetti nocivi sulla
funzione cerebrale a lungo termine. Per esempio, uno studio pubblicato qualche
anno fa ha esaminato il consumo a lungo termine di tofu, che è fatto con latte
di soia cagliato, in uomini con età dai 71 ai 93 anni e nelle loro mogli (3).
Gli uomini sono stati divisi in gruppi di forti e deboli consumatori, con i
consumatori deboli definiti come coloro che mangiano meno di due porzioni di
tofu alla settimana, e gli altri due porzioni o più. I risultati dei test
eseguiti sui soggetti hanno mostrato che gli uomini che mangiavano più tofu
avevano punteggi scadenti per i test cerebrali, ingrossamento dei ventricoli
cerebrali – indizio di perdita di tessuto cerebrale vitale – e un minore peso
del cervello rispetto a chi mangiava meno tofu o non ne mangiava affatto. Le
mogli degli uomini che mangiavano più tofu, le quali si pensa mangiavano
anch’esse più tofu, presentavano risultati simili.
I ricercatori hanno offerto svariate spiegazioni per
l’apparente effetto negativo, osservando che gli isoflavoni contenuti nel tofu
e in altri prodotti alimentari a base di soia possono interferire con il
metabolismo degli estrogeni a livello cerebrale. Alcuni studi mostrano che
gli estrogeni possono essere necessari per una riparazione cerebrale a lungo
termine, soprattutto in relazione alle sinapsi dove si verifica la trasmissione
nervosa, nelle regioni cerebrali della corteccia e dell’ippocampo, regioni che
sono responsabili del mantenimento di funzioni quali la memoria e
l’apprendimento.
La soia può anche interferire con la tirosin-chinasi, un enzima
che ha effetti positivi quanto negativi sull’organismo. La tirosin-chinasi è
associata alla crescita e alla diffusione di cellule tumorali, il che può
essere una delle vie tramite le quali gli alimenti a base di soia aiutano nella
prevenzione di vari tipi di tumori. D’altra parte, la tirosin-chinasi è
necessaria anche per una corretta funzionalità dei neuroni nel cervello. Gli
studi mostrano che un singolo isoflavone, il genistein, ha la tendenza a
bloccare l’attività della tirosin chinasi nell’ippocampo. Ciò, a sua volta,
blocca un processo importante per l’apprendimento e l’intelligenza chiamato
“potenziamento a lungo termine”, durante il quale il cervello elabora e
immagazzina nuove informazioni.
Gli studi indicano pure che la tirosin-chinasi è necessaria
per altre funzioni dei recettori cerebrali collegati all’apprendimento, come
quelli che coinvolgono i canali NMDA. Anche se sono tutte informazioni
preliminari, sarebbe ironico se venisse fuori che i prodotti a base di soia
prevengono il cancro e le malattie cardiovascolari mentre accelerano la
degenerazione cerebrale. Saranno necessari altri studi per confermare quelle
conclusioni, ma nel frattempo può essere prudente non esagerare con i prodotti
a base di soia. Se state consumando un integratore proteico a base di soia,
potete sceglierne uno che non contenga isoflavoni.
Bibliografia
1 Colker, C, et al. (2000). Effects of supplemental protein
on body composition and muscular strength in healthy athletic male adults. Current
herapeutic Research. 61:19-28.
2 Divi, R.L., et al. (1997). Anti-thyroid isoflavones from
soybean: isolation, characterization and mechanisms of action. Biochem
Pharmacol. 54:1087-96.
3 White, L.R., et al. (2000). Brain aging and midlife tofu
consumption. J Amer Col Nutr. 19:242-255. © Nova Development Inc
Articolo tratto da “Applied
Metabolics Volume 3“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli
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