2 luglio 2014

L'alimentazione Paleolitica (parte 2)

di Jerry Brainum

Il Dipartimento dell'agricoltura degli USA consiglia alle persone di consumare fino a nove porzioni al giorno di frutta e verdura. Alcuni alimenti contengono fitonutrienti ed antiossidanti che possiedono consolidate proprietà nella prevenzione di molti generi di malattie, compreso i tumori e le malattie cardiache. Consumare così tanta frutta e verdura non sarebbe un problema per il tipico cavernicolo, che mangiava regolarmente tre volte tanto la quantità di frutta e verdura consumata dall'uomo moderno. Anzi, frutta, verdura, legumi e semi rappresentavano il 65% delle calorie giornaliere dei primi uomini.

Tali alimenti permettevano di arrivare ad un'ingestione media di fibre pari a 100 g al giorno. L'assunzione di fibre da ingerire consigliata oggigiorno è sui 25-30 g, tuttavia molte persone ne prendono solamente 15 g o anche meno. Tra gli altri benefici, un'assunzione elevata di fibre previene le patologie gastrointestinali ed offre degli effetti di prevenzione contro il cancro e le malattie cardiovascolari. Le fibre incoraggiano anche la perdita di adipe riducendo l'indice glicemico dei carboidrati ingeriti. In effetti, rallentano l'assorbimento degli zuccheri semplici rapidamente digeriti, portando ad un minore rilascio di insulina e una produzione minore di insulina ad ogni pasto comporta una minore sintesi dei grassi.



L'ampia varietà di frutta, vegetali e semi consumata dalle prime società di cacciatori e raccoglitori conteneva una quantità di vitamine, sali minerali e antiossidanti naturali (come i polifenoli vegetali) cinque volte maggiore di quella che consumiamo tipicamente oggigiorno. Tale livello di protezione antiossidante senza dubbio giocava un importante ruolo nell'assenza di malattie associate alle reazioni ossidative nel corpo, come tumori, malattie cardiache, diabete e ipertensione.

La maggiore varietà di frutta, verdura e legumi dei primi uomini comprendeva varie radici, germogli, tuberi e altri alimenti che non si vedono normalmente nel reparto frutta e verdura del supermercato sotto casa. I cereali, d'altra parte, erano consumati o in piccole quantità o non erano consumati affatto, semplicemente perché non si trovavano. I cereali iniziarono ad essere abbondanti a partire dal 1760, dopo che iniziò in Inghilterra la Rivoluzione Industriale. Il punto qui è che molti ricercatori pensano che il corpo umano non si sia evoluto abbastanza per processare quantità apprezzabili di cereali.

Ma non commettete lo sbaglio di pensare che chi viveva ai tempi paleolitici - un nome fantasioso per l'Età della Pietra - sopravvivesse solo a frutta e verdura. Le loro diete contenevano una media del 35% di proteine, ossia due o tre volte quanto ci viene consigliato oggi. In breve, i cavernicoli consumavano una quantità di proteine simili a quello che viene consigliato oggi per i bodybuilder che si allenano intensamente.

Eppure la fonte proteica per l'uomo primitivo differiva in misura significativa da quanto mangiamo oggi. Anche se la carne c'era nel menu paleolitico, era selvaggina magra che in media conteneva il 3,9% di lipidi. Confrontatelo con la maggior parte del manzo addomestico di oggi, che è in media sul 25-35% di grassi. In aggiunta, il tipo di selvaggina mangiata durante l'Età della Pietra - come i cervi, i bufali, i cavalli e i mammut - conteneva livelli maggiori di grassi omega-3, una forma più benefica di grassi che si trova oggi soprattutto nei pesci grassi, come il salmone, le sardine e lo sgombro (5). Anzi, la selvaggina di una volta conteneva cinque volte in più i grassi polinsaturi (come gli omega-3) rispetto al bestiame addomesticato di oggi (6). Il nostro manzo contiene solamente livelli in traccia di acidi grassi tanto desiderabili.

La mancanza di grassi nel manzo libero mangiato dall'uomo dell'Età della Pietra voleva dire meno calorie, con il totale calorico simile a quello dei pesci e del pollame di oggi. Tuttavia il contenuto proteico era il medesimo del manzo più grasso di oggi. La quantità di colesterolo - che non è un grasso - era simile.

Un'altra categoria comune di alimenti che i cavernicoli non mangiavano erano i latticini che semplicemente non c'erano. Poiché le loro diete erano tipicamente composte per il 35% di carne, in apparenza non avevano problemi a ricavare una quantità sufficiente di calcio. Perfino gli Eschimesi, che praticamente vivono con alimenti proteici e grassi, presentano strutture ossee pesanti senza alcun segno di carenze di calcio. Forse i primi uomini non solamente mangiavano la carne, ma anche le ossa di vari animali, che renderebbe conto dell'alta quota di calcio assimilata. Tutta quella frutta, verdura e radici inoltre probabilmente contribuivano  anche all'assunzione di calcio.

Le proteine dei primi uomini provenivano pure da altre fonti alimentari, come i legumi ed i semi. Anche se i semi sono considerati un alimento ricco di grassi, contengono pure una quantità benefica di acidi grassi, come i grassi monoinsaturi abbracciati dai sostenitori della dieta mediterranea e della Dieta a Zona. È tutta questione di quanto si mangia combinato con il livello di attività. Inoltre, osservate che tali alimenti non erano lavorati in alcun modo, quindi presentavano un rapporto positivo di potassio e sodio.

Il contenuto ridotto di sodio delle diete del Paleolitico spiega parzialmente perché le persone a quei tempi non erano ipertese; anzi, è una afflizione dei tempi moderni. Gli uomini primitivi del mondo d'oggi non sono esposti ai "benefici" della moderna lavorazione degli alimenti, come alimenti carichi di sodio, ancora non presentano segni di incremento della pressione sanguigna con l'età. Le diete dell'Età della Pietra erano il contrario delle diete dei giorni moderni; vale a dire, erano ricche di potassio, povere di sodio (7).

Un altro motivo che spiega la mancanza di problemi di ipertensione e patologie cardiovascolari tra i primi uomini era lo stile di vita attivo. Le persone non si sedevano a sgranocchiare cibo spazzatura e a guardare la televisione. Al contrario, la maggioranza erano cacciatori e raccoglitori, con gli uomini che cacciavano per procurare la carne e le donne che raccoglievano alimenti vegetali. Tutta quell'attività, combinata con la loro dieta iperproteica, con grassi da bassi a moderati e normoglucidica, portava ad un equilibrio naturale ottimale tra le calorie quotidiane e il dispendio energetico. In breve, consumavano tutte le calorie che introducevano, quindi non ingrassavano

Alcuni studi indicano che gli uomini primitivi consumavano in media 3000 calorie al giorno o anche di più, tuttavia l'obesità era rara a causa della notevole attività fisica, che comprendeva molti sollevamenti di oggetti pesanti, lunghi spostamenti a piedi e la corsa.


Alcuni scienziati ritengono che l'uomo primitivo seguisse uno schema di attività - ossia caccia, sollevamenti e trasporti - per due o tre giorni, facendo seguire dal riposo. Alcuni hanno addirittura collegato un tale programma a quello dell'allenamento con resistenza e periodizzazione, che è caratterizzato da sequenze alternate di periodi di condizionamento pesanti e più leggeri per l'intero anno d'allenamento. Alcuni ricercatori hanno suggerito che poiché gli uomini primitivi seguivano uno schema di lavoro alternato con i riposi, il corpo umano si è evoluto per rispondere in modo ottimale a tale stile d'allenamento.

Sulla base di tutte queste premesse teoriche è stata concepita la "dieta paleo", oggi pubblicizzata dai mass media e glorificata dei suoi sostenitori come la soluzione a tutti i problemi. Ma è davvero così? E' possibile oggi tornare a mangiare come i nostri progenitori di 20.000 anni fa? E' sufficiente dire che non bastano 500 generazioni per modificare il DNA e che quindi siamo ancora programmati per nutrirci come loro? Oppure c'è qualche tassello che non è stato (volutamente o meno) considerato e che rende vana questa ricorsa alla preistoria? Ne parleremo nella prossima puntata. Stay tuned!


Riferirnenti bibliografici 

1) Eaton, B., et al. (1985). Paleolithie nutrition: a consideration of its nature and current irnpiications. New Engiand Journal of Medicine. 312:283-289. 

2) Eaton, B., et al. (1997). Evolutionary aspects of diet: old genes, new fuels. Worid Review Nutrition Diet. 81:26-37.

3) Eaton, B., et al. (1988). Stone Agers in the fast lane: Chronie degenerative diseases in evolutionary perspective. Arnerican Journal of Medicine. 84:739-749. 
4) Milton, K. (1999). Nutritional charaeteristics of wild primate foods: do the diets of our elosest living relatives bave les- sons for us? Nutrition. 15:488-98. 
5) Eaton, S.B. (1992). Humans, lipids and evolution. Lipids. 27:814-20. 
Crawford, M.A. (1968). Fatty-acid ratios in free-living and domestie anirnals. Lancet. 1:1329-53. 
6) Eaton, S.B., et al. (1996). An evolutionary perspective enhances understanding of human nutritional requirements. Journal of Nutrition. 126:1731-1740.

Articolo tratto da “HARDGAINER n° 17". Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Powered by Olympian’s News - Clicca qui per abbonarti!

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